La parola spread è mutuata dalla lingua inglese e significa differenza. Nel caso specifico si tratta della differenza tra titoli di Stato di Paesi diversi e, poiché l’economia tedesca è considerata essere la più stabile in Europa, alle nostre latitudini si intende il divario tra i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi (Bund) e quelli italiani (Btp).
Uno spread ampio ha delle conseguenze negative sull’economia italiana ed è quindi un peso per lo Stato perché rappresenta una zavorra per il debito pubblico, ma è anche un peso per imprese e famiglie. Uno spread alto, lanciandoci in una disamina lapidaria, è indice di un’economia non sana.
Il termine spread è generico e si adatta tanto ai titoli di Stato quanto a qualsiasi strumento finanziario e, in tutti i casi, è un indicatore del rischio che si assumono gli investitori. Più lo spread è maggiore, più il rischio è alto.
Come si calcola lo spread
Il calcolo si rifà all’aritmetica elementare ed è il risultato di una sottrazione. Se il rendimento di un titolo è del 3% e quello di un altro titolo è dell’1%, lo spread è del 2%. Poiché ogni disciplina ha un proprio gergo, in economia la differenza tra i due rendimenti si misura in punti base, ovvero i valori sono intesi come parte di un computo percentuale nel quale ogni punto base conta in misura dello 0,01%. In questo sistema la differenza di 2 punti percentuali viene tradotta in 200 punti base. Quando si legge, per esempio, che lo spread è 250, significa che i titoli italiani rendono 2,5 punti percentuali in più rispetto a quelli tedeschi.
Quando i media parlano di spread, se non indicato diversamente, si riferiscono al differenziale tra i rendimenti dei Bund e dei Btp a 10 anni, che può essere monitorato in qualsiasi momento, online ci sono diversi siti che ne seguono l’evoluzione, con tanto di dati storici. Nel caso specifico, più è alto lo spread più i titoli di Stato italiani sono considerati rischiosi dagli investitori per quanto riguarda la capacità dello Stato di rimborsare i soldi presi in prestito mediante l’emissione di titoli.
Cosa fa variare lo spread
Ogni anno l’Italia mette sul mercato 400 miliardi di debito emettendo titoli di Stato che diversi attori comprano. Tra questi figurano assicurazioni, fondi di investimento, fondi pensione ma anche risparmiatori privati e se, tra gli acquirenti, aleggia la percezione che lo Stato farà fatica a ripagare il debito, occorre che gli interessi siano più alti per attrarre investitori.
Questo è uno dei motivi che fa salire lo spread, ma ci sono ragioni che prescindono dalla valutazione che gli investitori hanno dello Stato: una di queste è riconducibile all’incertezza economica in generale. Lo spread sale quando, per fare un esempio calzante con l’attualità, i timori di crisi finanziaria cominciano a dare segnali di sé. Nell’ultimo anno, quindi a partire dal mese di ottobre del 2021, lo spread Btp – Bund è salito da 104,1 a 238,66 punti base (nel momento in cui scriviamo). Limitandoci al solo 2022, lo spread è aumentato dell’80,5%.
Questo significa che lo spread ha cominciato la sua corsa verso l’alto quando, di fronte a una situazione economica incerta, gli investitori non hanno avvertito in modo chiaro gli interventi di politica monetaria nell’Eurozona. Alle politiche lasche della Banca centrale europea, con il passare dei mesi, si sono sovrapposte l’inflazione e il quadro bellico russo-ucraino.
Lo spread come indicatore
Di norma uno spread superiore ai 300 punti (quindi un differenziale Btp-Bund almeno del 3%) fa suonare dei campanelli di allarme, è la soglia al di là della quale i titoli italiani non sono ritenuti sicuri. Questo dà origine a un meccanismo per il quale chi acquista il debito italiano pretende rendimenti maggiori con il conseguente aumento del debito pubblico.
Lo spread e i cittadini
Chi sostiene che lo spread è una faccenda di Stato e come tale non ha ricadute sul proprio quotidiano commette un errore. In primo luogo, perché lo Stato è l’insieme dei cittadini e, non di meno, perché se i tassi di rendimento dei Btp salgono occorre più denaro per ripagare il debito e questo può coincidere con l’aumento di tasse e imposte o con una minore spesa pubblica (anche tutte le cose insieme). Le ricadute sui singoli cittadini quindi ci sono e possono assumere un peso specifico.
Lo spread inteso come differenziale tra Bund e Btp ha può avere un peso relativo sui mutui.
L’Euribor, l’indice da cui si ricavano i tassi dei mutui variabili non è collegato a questo differenziale. Quando si parla di mutui, tuttavia, il termine spread assume un’altra accezione, e indica il guadagno (espresso in termini percentuali) che la banca trattiene per sé sessa, come abbiamo spiegato qui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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