Sempre più preoccupati e con la prospettiva di un'inflazione che continuerà a mordere i portafogli, almeno per la prima parte del 2023. Il presidente di Ipsos, Nando Pagnoncelli, ha parlato di «malinconia sociale» a proposito dello stato d'animo attuale degli italiani, durante il suo intervento alla conferenza stampa di Centromarca, l'associazione italiana dell'industria di marca. Sullo sfondo, la tensione tra le imprese produttive del largo consumo e i big della distribuzione, come catene di supermercati e ipermercati. Le prime, infatti, hanno necessità di adeguare i listini per compensare gli extra costi patiti tra caro energia e strozzature nelle catene di fornitura. Le seconde, invece, per non perdere volumi di vendita propongono insieme alle associazioni una moratoria degli aumenti dei listini. Un'ipotesi che Centromarca, rappresentativa di circa 200 industrie operanti nel largo consumo, determinerebbe «distorsioni della concorrenza». L'idea invece è promuovere un incontro, al quale invitare anche le aziende della grande distribuzione. «Siamo ampiamente disponibili a discutere con il governo», ha sottolineato Francesco Mutti, presidente di Centromarca, «a uno stesso tavolo che coinvolga le aziende della moderna distribuzione, per ragionare su vie di sbocco percorribili». L'associazione vorrebbe che l'esecutivo spingesse per agevolare le aggregazioni tra imprese del settore e in passato aveva già chiesto ad altri governi un abbassamento dell'Iva.
Durante la conferenza è stata presenta un'indagine della società di ricerca Iri, che ha fotografato il settore del largo consumo, alimentare e non. Secondo i dati, il 2022 è andato in soffitta con un'inflazione sul lato dell'offerta di quasi l'8%, anche se le scelte di risparmio dei consumatori ha ridotto il peso nel carrello al 7,5 per cento. La domanda ha tenuto, con un'importante crescita per i discount. Ma quest'anno la situazione potrebbe complicarsi: «L'aspettativa per il 2023 è che i prezzi non scendano, quantomeno nella prima parte dell'anno», ha detto Angelo Massaro, general manager per l'Italia di Iri. E c'è incertezza anche sul dato di fine anno, con due scenari possibili: «Il primo vede una crescita del 3,8% dell'inflazione, l'altro attorno al 7%, con il secondo scenario che porterebbe a una decisa contrazione dei volumi» ha aggiunto Massaro. L'anno scorso, sempre secondo Iri, ogni cento euro spesi dagli italiani in supermercati e ipermercati, circa 80 sono stati destinati all'acquisto di prodotti di marca. Se si guarda, invece, alla totalità dei canali di distribuzione, i prodotti a marchio del distributore sono cresciuti al 27,6%, un dato inferiore alla media europea (36,4%). Nonostante quattro italiani su cinque siano preoccupati per il carovita e il 2022 abbia fatto «segnare un cambio deciso rispetto all'ottimismo del 2021», nota Pagnoncelli, «il ritorno dell'inflazione ha avuto un impatto sui consumi, ma non quelli che potevamo aspettarci». Infatti, rileva la ricerca di Ipsos, «In termini di comportamenti di consumo, sui tagli lineari alla spesa prevale la ricerca di un nuovo equilibrio tra quantità e qualità».
In questo contesto, continua la difficoltà dei produttori del largo consumo, 59mila imprese di cui moltissime di piccole dimensioni. Secondo stime di Prometeia, se anche le aziende industriali riuscissero a scaricare sui prezzi la totalità dei costi sostenuti, circa il 30% opererebbe in perdita.
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