
Mentre Prada è a un passo dall'acquisire Versace e Armani non ha escluso l'apertura del capitale a terzi o l'Ipo quando Giorgio lascerà il timone, Dolce & Gabbana ha deciso di muoversi in direzione opposta: rafforzare la propria indipendenza e diversificare il business, senza cedere alle pressioni del mercato finanziario. La maison italiana, fondata da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, sta esplorando altri settori come la bellezza e il real estate.
Alfonso Dolce, Ceo della società e fratello di Domenico, ha ribadito che il focus principale è la crescita stand alone. «Ci siamo chiesti: cos'altro abbiamo da dire all'industria della moda dopo 40 anni al vertice?», ha dichiarato a Bloomberg. La risposta è arrivata con il consolidamento del settore beauty, passato da un modello di licenza a una gestione diretta di produzione e distribuzione. Il comparto è in piena crescita: i ricavi della divisione dovrebbero superare i 610 milioni di euro entro marzo 2025 (+20% annuo con l'obiettivo di raggiungere un miliardo al 2027) e portare il consolidato oltre 2 miliardi.
Ma il beauty non è l'unico pilastro del piano. Dolce & Gabbana sta investendo nel settore immobiliare e nell'hotellerie. La griffe ha già annunciato progetti residenziali a Miami, Marbella e Dubai, oltre a hotel di lusso nelle Maldive e in Arabia Saudita. Per finanziare questa espansione, il gruppo ha avviato trattative con le banche per ottenere fino a 150 milioni di euro in prestiti. Attualmente è titolare di un term loan da 300 milioni del 2022 (ripagato al 25%) e di una facility sul circolante da 100 milioni. Un'inversione di rotta rispetto al tradizionale autofinanziamento.
Eppure, la redditività è bassa. Nonostante i ricavi totali nell'anno finanziario terminato a marzo 2024 abbiano toccato 1,9 miliardi di euro (+19% annuo a cambi costanti), l'Ebit si è fermato a 4 milioni di euro, contro gli 1,28 miliardi di Prada (che però ha fatturato 5,4 miliardi). Se il beauty va a gonfie vele, il real estate e l'hospitality lasciano più o meno indifferenti gli analisti considerato il quadro macroeconomico più difficoltoso giacché a tutti i brand occidentali da tre anni mancano i facoltosi clienti russi e quelli cinesi sono obbligati a tenere gli yuan entro i confini nazionali,
Alfonso Dolce, però, si è detto determinato a preservare l'indipendenza del brand. «Ascoltiamo tutti: banche d'investimento, family office, private equity. Ma la nostra risposta è sempre la stessa: Al momento non siamo interessati ad aprire il capitale», ha sottolineato.
Una dichiarazione forte, ma che non è propriamente allineata al trend di mercato dove anche Prada, alla fine, è stata costretta a seguire il modello Lvmh. Fare impresa significa rischiare e D&G sta scommettendo su sé stessa come mai prima d'ora.
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