"La norma sugli extraprofitti danneggia le piccole e medie imprese"

Dario Soria, direttore generale di Assocostieri, critica la norma sugli extraprofitti delle società energetiche, definita "punitiva per le piccole e medie imprese" e profondamente "iniqua sul fronte giuridico, economico, sociale"

"La norma sugli extraprofitti danneggia le piccole e medie imprese"

La discussa norma sugli extraprofitti delle società energetiche rischia di essere eccessivamente punitiva per aziende che si trovano a vivere in un contesto di mercato difficile e soggetto a grande volatilità sotto il profilo geopolitico, commerciale, finanziario? Questo il timore di molte associazioni di categoria. Sulle problematiche della norma sugli extraprofitti contenuta nel Dl Aiuti discutiamo con Dario Soria, avvocato classe 1971 e direttore generale di Assocostieri.

Dottor Soria, la norma sui cosiddetti "extraprofitti" ha suscitato critiche da parte di diversi analisti e studiosi. Quali sono le sue principali criticità?

"In primo luogo, come Assocostieri ci teniamo a sottolineare che siamo a favore di contributi di solidarietà in risposta alla crisi, come del resto abbiamo detto in diverse audizioni in Parlamento e incontri privati. Ma la norma per come è stata disegnata colpisce molte aziende del nostro panorama, che è quello degli attori impegnati nella logistica energetica, comprese le filiere dello stoccaggio, della rigassificazione e degli armatori. La maggior parte dei nostri soggetti sono Pmi familiari e custodi di tradizioni imprenditoriali importanti, che spesso si trovano a dover operare in contesti come Russia e Algeria dialogando con grandi player che hanno la forza contrattuale per fare il prezzo. Le nostre invece sono aziende price-taker. Il problema degli aumenti di prezzo parte proprio da questa imposizione a monte. Sul profilo costituzionale di questa norma già su questo punto potremmo aprire un discorso sull'equità, la proporzionalità e il peso della base contributiva colpita per molte aziende..."

In sostanza la struttura delle aziende energetiche di piccola e media dimensione le rende più esposte a fluttuazioni di prezzo?

"Si. Aziende price-taker vedono colpita non una maggior produzione di ricchezza in diversi casi, quanto piuttosto la differenza tra il valore di vendite e acquisti tra due periodi compresi tra ottobre e marzo (2021-2022 su 2020-2021) sul gettito Iva, quindi sul valore di scambio di prodotti che molte imprese non sono in grado di determinare a monte".

Del resto, anche l'effetto Covid andrebbe conteggiato nel calcolare quanto effettivamente una ripresa è tale, non trova?

"Si, in un certo senso possiamo definire questa una tassa sul "margine da ripresa". Così l'abbiamo definita noi di Assocostieri. E aggiungerei che spesso la differenza tra i margini di contribuzione su ogni prodotto venduto, ricavabile dai gettiti Iva, colpisce anche aziende che hanno, alla prova dei fatti, visto il loro guadagno diminuire. Il vero e proprio problema giuridico sta nel fatto che in questi calcoli nella norma vengono incluse anche le accise. E questo è un problema, come si può facilmente spiegare..."

Prego, dottor Soria...

"Le aziende comprano prodotto dall'estero e non ci pagano, essendo fuori campo Iva, le accise. Quando il prodotto esce dai nostri depositi, spesso in condizioni di sospensione doganale, la vendita avviene aggiungendo le accise. Semplificando, un prodotto comprato a 80 e che sarebbe, senza accise, venduto a 100 viene di fatto pagato dal cliente 130. E chiaramente il cliente di un'azienda di Assocostieri versa 130, e questo è il valore che va nella contabilità Iva. Ma quel 30% di accisa va ovviamente nella comunicazione Iva, anche se viene versato direttamente allo Stato. E basare sulle comunicazioni Iva l'extraprofitto tassato significa far pagare due volte considerando di fatto come incassata la quota di accisa. In buona sostanza, lo Stato sta tassando una parte già gravata da imposta".

A maggior ragione questo colpisce di più le Pmi?

"La norma colpisce soprattutto imprese famigliari e di piccola dimensione che non hanno la possibilità di coprirsi sulle eventuali perdite come fanno i grandi trader che accoppiano agli acquisti operazioni finanziarie. In secondo luogo, il governo dice che le Pmi possono essere aiutate dal fatto che se l'incremento imponibile è inferiore al 10% la tassa non graverà sulle imprese, ma dai nostri calcoli per sanare il problema delle accise dovrebbe essere portato almeno al 15%. Del resto, il fatto che il periodo preso in riferimento sia sei mesi e non un anno intero crea problemi di distorsione in mercati ove i costi variano in continuazione. E in cui aver scelto di fare scorte in un mese piuttosto che un altro, per fare un esempio, di gas libico o algerino può aver conseguenze sul gettito Iva e dunque sul computo finale dell'imposizione. Il terzo punto che abbiamo sottolineato è quello che chiamiamo modifica oggettiva".

In che cosa consiste?

"Banalmente, se un'impresa non esisteva nel semestre ottobre 2020-marzo 2021 tutto ciò che è tassato non è "extraprofitto", ma un profitto ex novo. Allo stesso modo, nostri soci che hanno fatto investimenti per aumentare l'attivo di bilancio o acquisire altre aziende si vedono tassati, nella differenza tra i due periodi, non extraprofitti ma il fatturato derivato dall'incorporazione di nuovi asset".

Possiamo anche dire in un certo senso che lo stesso termine "extraprofitto" sia fuorviante? Forse questo perché si riflette nelle norme un certo vizio nel dibattito volto a identificare ogni rincaro come speculazione?

"Sì, c'è uno strabismo qualitativo. Siccome i grandi dell'energia facevano profitti crescenti, nell'Articolo 37 si è sparato nel mucchio colpendo tutti: dagli attori del metano alle Pmi della logistica del Gnl. Questo è stato fatto facendo un calcolo aritmeticamente più semplice rispetto alla Robin Tax, ma di conseguenza questa manovra è stata distorsiva. E al tempo stesso non si è riusciti a colpire molte delle aziende che stavano facendo effettivamente extraprofitti ma non hanno sede in Italia. C'è stata una manovra che ha colpito le imprese italiane. Ed essendo passata l'idea che si sia trattato di un contributo una tantum, è come se i decisori avessero invitato le aziende a far finta di niente, tanto questa norma varrà solo per quest'anno. Ma qui ci sono aziende in grande difficoltà e che rischiano di fallire: questo non è accettabile. Lo strabismo in questione andava corretto a monte. Mi meraviglio della pochezza giuridica della norma e di come questa semplificazione sia stata spiegata al presidente del Consiglio Mario Draghi".

In definitiva, ritenete dunque la norma sugli extraprofitti

erronea e iniqua?

"Si, perchè oltre a una disparità giuridica ne crea una economica e sociale. Le norme di questo tipo non vanno fatto in maniera emotiva, ma in forma pragmatica e corretta sotto il profilo tecnico".

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