«Le banche sopportano da anni una pressione fiscale più elevata di 3,5 punti percentuali rispetto alle altre imprese, con un'Ires del 27,5% rispetto all'aliquota ordinaria del 24%, cui si aggiunge il 26% di ritenuta di acconto per i dividendi dei risparmiatori azionisti» e, nonostante tutto questo, «garantiscono anche un cospicuo livello di sottoscrizione del debito pubblico». Il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, ieri durante l'assemblea dell'associazione è tornato a chiedere un sistema impositivo meno penalizzante per gli istituti di credito in Italia. A questo proposito ha sottolineato che «per evitare la recessione e sostenere lo sviluppo e l'occupazione il settore bancario necessita certezza del diritto anche prospettica». Di qui la richiesta di stralcio dalla delega fiscale delle «misure per stimolare gli investimenti delle imprese e dei risparmiatori», che consistono in incentivi alle assunzioni. «Le norme per la crescita degli investimenti di imprese e risparmio presenti nella delega fiscale devono entrare in un decreto legge», ha rimarcato. Anche perché le banche italiane hanno fatto tesoro degli errori commessi in passato e sono in grado di camminare sulle proprie gambe, tant'è vero che il 28 giugno scorso sono stati rimborsati circa 150 dei 300 miliardi di finanziamenti Tltro ottenuti dalla Bce.
Il settore bancario italiano, come ha evidenziato il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, gode di buona salute. «Nel primo trimestre la redditività è rimasta elevata; in ragione d'anno, il rendimento del capitale e delle riserve è stato di poco inferiore al 13%, continuando a beneficiare dell'aumento del margine di interesse e di rettifiche di valore basse anche nel confronto storico», ha detto nel suo intervento. «Secondo le previsioni degli analisti di mercato - ha proseguito - la redditività dei maggiori gruppi quotati (che rappresentano oltre i due terzi del totale dell'attivo del settore) dovrebbe confermarsi su livelli elevati anche nel complesso del 2023».
Tuttavia, inflazione e stretta monetaria stanno già determinando i primi segnali di peggioramento della qualità del credito. «Nei primi tre mesi del 2023 l'incidenza del flusso di prestiti che presentano ritardi nei pagamenti, anche se non ancora tali da richiedere una classificazione come deteriorati, è infatti raddoppiata, all'1,6% del complesso dei finanziamenti in bonis», ha precisato Visco. «Un pronto riconoscimento delle perdite attese è fondamentale anche per ridurre i possibili effetti prociclici connessi con la fase di rallentamento economico» così come «altrettanto importante è assicurare un adeguato livello di copertura dei crediti deteriorati, soprattutto per le banche meno significative», ha concluso il governatore.
Una mossa decisiva in questo senso potrebbe essere, secondo Patuelli, superare le norme sulle risoluzioni bancarie sanando l'«errore di diritto», compiuto dalla precedente Commissione Ue, con «risarcimenti a chi ha subito le conseguenze di risoluzioni rivelatesi più costose e meno utili per affrontare le crisi bancarie». Insomma, rimborsi per soci e obbligazionisti di CariChieti, BancaMarche, CrFerrara, BancaEtruria e le due Popolari venete. Oltre a un formale via libera all'intervento del Fondo interbancario.
Patuelli, dopo il recente stallo, ha ribadito infine che «occorre aggiornare il contratto
nazionale, tutelare il potere d'acquisto dei lavoratori e favorire la contrattazione di secondo livello». «Una possibile, valida rotta sulla quale incardinare il negoziato», ha commentato il segretario Fabi, Lando Maria Sileoni.
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