Qualora i componenti di un nucleo familiare siano portati da esigenze di qualche tipo a stabilire "residenze" e "dimore abituali" differenti, è giusto che l'esenzione dall'Imu decada per le abitazioni principali che non coincidano con la residenza stessa? Per far sì che tale esenzione sia lecita è necessario riferirsi esclusivamente "alla residenza anagrafica e alla dimora abituale non solo del possessore dell’immobile ma anche del suo nucleo familiare?".
Questi dubbi hanno spinto la Corte Costituzionale a sollevare il problema della legittimità del contenuto dell'articolo 13, secondo comma, quarto periodo, del Dl n. 201 del 6 dicembre 2011, come convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modifiche. Si mette in dubbio, quindi, quella parte in cui viene stabilito che per ottenere l’esenzione dall'Imu bisogna far riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale non solo del possessore dell'immobile ma anche dei componenti del suo nucleo familiare.
Con l'ordinanza 94 depositata quest'oggi, la Consulta spiega il motivo per cui "la risposta a questo dubbio sia pregiudiziale alla questione sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli". Commissione tributaria che chiede di dichiarare incostituzionale quella specifica disposizione che, secondo l'interpretazione fornita dalla Corte di cassazione, "esclude per entrambi i coniugi o i partner dell'unione civile, l’esenzione dall’Imu per l’abitazione principale, qualora uno di essi abbia la residenza anagrafica in un immobile ubicato in un altro Comune".
Il riferimento al "nucleo familiare", puntualizza la Corte nell'ordinanza, determina un trattamento diverso sia per le persone singole che per le coppie di fatto, "poiché, sino a che il rapporto non si stabilizza nel matrimonio o nell’unione civile, la struttura della norma consente a ciascuno dei partner di accedere all’esenzione della loro, rispettiva, abitazione principale".
La Corte ha richiamato la precedente giurisprudenza (nello specifico la sentenza 179/1976), che definisce "l'incostituzionalità del cumulo dei redditi dei coniugi, dove si è escluso che, per effetto del matrimonio, in ogni caso si abbia un aumento della capacità contributiva dei due soggetti insieme considerati".
Nonostante che l'articolo 31 della Costituzione preveda l'agevolazione della "formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi", conclude la Corte, c'è il rischio concreto che la disciplina in oggetto possa dar vita per i nuclei familiari "a un trattamento deteriore rispetto a quello delle persone singole e delle convivenze di mero fatto". Tali considerazioni hanno pertanto spinto la Consulta a sollevare la questione di legittimità della norma in esame, con specifico riferimento agli artt. 3, 31 e 53.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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