Evergrande torna in Borsa. E cade a picco (-79%)

Il valore del big immobiliare giù a 590 milioni. L'incontro con i creditori slitta al 26 settembre

Evergrande torna in Borsa. E cade a picco (-79%)
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Dopo 17 mesi di sospensione Evergrande torna in Borsa e si «sbriciola»: -79% ieri sul listino di Hong Kong il titolo del big immobiliare asiatico che vede «sparire» altri 2,2 miliardi di dollaro di capitalizzazione. Ervergande è valitata ora 590 milioni, contro il picco di 54 miliardi del 2017. Il ritorno sul listino appare da un lato una scelta obbligata, vista la minaccia di delisting al superamento dei 18 mesi di stop, e dall'altro un passo verso la ristrutturare degli oltre 330 miliardi di debiti che soffocano il gruppo che, nelle scorse settimane, ha chiesto un'istanza di fallimento controllata «chapter 15» per la ristrutturazione del debito in capo alle sue attività Usa.

Evergrande, in default dalla fine del 2021, è all'origine dell'effetto domino che ha interessato quasi il 40% del comparto immobiliare del Dragone, prima in grado di contribuire fino a un terzo del Pil nazionale. Uno scenario preoccupante che, insieme a crescita del Paese molto incerta dopo le draconiane misure anti-Covid, proietta ombre sinistre sulla ripresa globale: il Pil cinese è cresciuto dello 0,8% nel secondo trimestre, in calo dal 2,2% del primo.

Intanto lo sviluppatore di Shenzhen, in procinto di avere l'ok dei tribunali per la ristrutturazione, ha detto che rinvierà di un mese, al 26 settembre, le riunioni per consentire ai creditori di votare sulla proposta così da massimizzarne l'«impegno» e «sostenere un processo decisionale informato». Evergrande ha bisogno dell'approvazione di oltre il 75% dei detentori di ciascuna classe di debito per approvare lo schema, che offre ai creditori un paniere di opzioni per scambiare i crediti ad esempio con nuovi bond e strumenti garantiti legati alle azioni.

Il quadro continuerà comunque a essere difficile per la continuità aziendale, viste le molte incognite: come per i bilancio 2021 e 2022, il revisore dei conti Prism Hong Kong e Shanghai non ha rilasciato il giudizio di conformità sui conti semestrali chiusi con una perdita netta di 33 miliardi di yuan (4,5 miliardi di dollari), dimezzata rispetto al rosso di 66,4 miliardi di un anno prima grazie all'aumento delle entrate.

L'aggravarsi della crisi del debito nel settore immobiliare ha pesato sulla ripresa dell'economia cinese, spingendo il presidente Xi Jinping a concedere nuovi aiuti. Pechino ha così allentato le regole sui mutui e sostenuto gli alloggi a prezzi accessibili. La banca centrale ha inoltre limato i tassi di interesse. La spesa non è riuscita a riprendersi, export e import sono in calo e i prezzi al consumo e alla produzione sono in deflazione.

E anche la tassa dimezzata allo 0,05% sulle transazioni di titoli, operativa da ieri, ha avuto un effetto breve sulle Borse: Shanghai e Shenzhen hanno aperto con rialzi oltre il 5%, per poi terminare in crescita dell'1 per cento.

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