Cortocircuito totale sulla governance di Acciaierie d'Italia (AdI), la società che ha in mano l'ex Ilva. Nei giorni delicatissimi della trattativa per tentare di dare un futuro al polo siderurgico ed evitare quella che il presidente Franco Bernabè ha definito una «chiusura per consunzione» dello storico sito dell'acciaio, una lettera interna - che secondo alcune fonti sarebbe stata diffusa da ambienti vicini all'ad Lucia Morselli - scatena la bufera sul governo e sul dossier. Nella lettera, Invitalia (azionista di Acciaierie al 38%) chiede chiarimenti proprio in merito alla governance di AdI e alle necessità finanziarie del gruppo, mai chiaramente esplicitate. Uno scambio che ha però anche reso nota l'esistenza di una trattativa laterale gestita da Morselli e dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto (al momento definita da un Memorandum), e fino a oggi sconosciuta, che prevederebbe il passaggio dell'ex Ilva totalmente nelle mani del socio privato Arcelor Mittal.
Una soluzione che ha scatenato l'ira dei sindacati. Che il triangolo Esecutivo-Invitalia-ArcelorMittal non funzionasse era palese da tempo, ma questa lettera ad orologeria, con la quale si tenta di mettere in conflitto le due parti pubbliche tra loro, nonché le diverse anime di governo che lavorano al dossier, è «una trappola pericolosa - commenta una fonte vicina alla trattativa che complica ulteriormente la situazione». Allo stato, gli ultimi eventi rivelano che dopo aver vagliato, e poi escluso, l'ipotesi del commissariamento, abbia preso forma una trattativa segretissima che lo scorso 11 settembre si è conclusa con la firma di un Memorandum, senza però coinvolgere Invitalia, e che segna un'uscita definitiva dello Stato dal capitale, con un sostanziale innesto di liquidità, come previsto dai patti parasociali. Da qui, la richiesta del numero uno di Invitalia, Bernardo Mattarella, di fare chiarezza sulla governance, su questo Mou, e sulla reale condizione economica patrimoniale dell'azienda. Uno scambio che, essendo stato reso pubblico, ha spinto Palazzo Chigi a fare quadrato intorno a Fitto (sebbene il ministero dell'Economia e quello delle Imprese abbiano preferito glissare) ribadendo che questo piano è pienamente «condiviso e concordato con il governo», e smentendo l'ipotesi di una regia solitaria del ministro degli Affari europei che ne farebbe oggi un pericoloso capo espiatorio. Anche e soprattutto alla luce dell'importante ruolo che Fitto ha sul delicato dossier Pnnr. Insomma, lo scopo è quello di ridare forza al governo a 24 ore dall'audizione del ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, davanti ai deputati e a 48 ore dall'assemblea di AdI che dovrebbe sancire l'uscita di scena del presidente Franco Bernabè.
Nonché di fronte ai sindacati, che ieri hanno chiesto al premier Giorgia Meloni «di poter aver accesso a tutti gli atti compiuti fino ad oggi inerenti la vertenza Acciaierie d'Italia ed ogni eventuale trattativa, ivi compreso l'accordo governo/azienda di marzo 2020 e questo Mou sottoscritto senza il coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti» Il utto entro il 7 novembre. La situazione potrebbe però sciogliersi molto prima e già nei prossimi giorni potrebbe essere cancellata l'attuale governance di AdI.
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