Ferragni, affari quasi a zero. A tappare i buchi sarà Chiara

Ricavi crollati a quota 2 milioni. Il rosso tocca 10 milioni. E il socio Morgese si oppone alla ricapitalizzazione

Ferragni, affari quasi a zero. A tappare i buchi sarà Chiara
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Volano gli stracci tra i soci di Fenice, la società del gruppo di Chiara Ferragni che ieri ha varato un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro dopo un'assemblea alquanto tesa. L'imprenditore delle calzature Pasquale Morgese - che detiene il 27,5% delle quote tramite i veicoli Esuriens e N1 - ha votato un no secco contro tutti i punti all'ordine del giorno: la ricapitalizzazione, il bilancio del 2023, la situazione patrimoniale al 30 novembre 2024 e ora valuta se impugnare tutte le delibere assembleari. Nel dettaglio, l'esercizio 2023 si è chiuso con una perdita di 6,9 milioni (sulla quale pesano i vari accantonamenti in previsione delle conseguenze dello scandalo del pandoro). Un rosso a cui bisogna aggiungere le ulteriori perdite per 3,3 milioni patite allo scorso novembre nel 2024, per un passivo cumulato nei due anni di 10,2 milioni. La proposta di ricapitalizzazione dell'amministratore unico Claudio Calabi, è tuttavia passata nonostante la divisione tra i soci grazie ai voti favorevoli di Alchimia dell'imprenditore Paolo Barletta e della Sisterhood (che fa capo a Ferragni) che hanno rispettivamente il 40 e il 32,5% delle azioni.

Al termine dell'assemblea, durata un paio d'ore, è stata diffusa una nota di Sisterhood che spiega come l'«assemblea, con il voto favorevole di Sisterhood e Alchimia, ha deliberato, fra l'altro, la ricostituzione del capitale sociale di Fenice srl, nei termini proposti dall'amministratore unico». E poi un passaggio fondamentale: «Sisterhood è pronta a sottoscrivere l'aumento di capitale in proporzione alla quota dalla stessa detenuta ed eventualmente anche per la parte di aumento che non fosse sottoscritta dagli altri soci, onde consentire a Fenice di proseguire con successo la propria attività».

Non sarà facile, tuttavia, ritornare agli splendori di un tempo: lo scandalo dei pandori legato a presunte pratiche commerciali ingannevoli, costato a Ferragni l'imputazione per truffa aggravata, ha prodotto una slavina reputazionale per un personaggio che basava gran parte delle sue fortune sulla forza del suo brand personale. Tant'è che i ricavi, secondo quanto trapela secondo indiscrezioni non smentite, sono passati da 12 milioni nel 2023 a poco oltre 2 milioni nel 2024.

Da tempo il socio Morgese si era posto su un binario di critica feroce. Nei mesi scorsi si era lamentato: «Ho investito dodici anni della mia vita in questa società, ma da un anno a questa parte siamo bloccati. Il business 2024 è crollato drammaticamente, e nessuno ha fatto nulla per cambiare le cose». Che tutto fosse bloccato lo si intuisce dal fatto che, fino a ieri, mancava l'approvazione del bilancio di due anni fa.

Tutto è ricominciato a funzionare con l'arrivo di Calabi, che dallo scorso novembre si è occupato di quantificare con esattezza le perdite per determinare quanto serviva per non portare i libri in tribunale e ripartire con una

struttura di costi ridotta all'osso. «Quello di oggi era un passaggio fondamentale, da domani si può ripartire», ha spiegato lo stesso Calabi a Il Giornale, con l'abile manager che ora potrà entrare nel vivo del rilancio.

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