Fuggi-fuggi dalle città Usa. E gli uffici restano deserti

Occupato solo il 47% dei locali. Preoccupa l'impatto sui servizi e sui bilanci comunali

Fuggi-fuggi dalle città Usa. E gli uffici restano deserti

Quel battito pulsante, e quotidiano, non c'è più. Solo silenzio. La chiamano desertificazione dei centri urbani, e la causa non è quella migrazione negativa immaginata da Daniel Altieri in un bel romanzo degli anni '80. Là c'era il virus della violenza a spingere la gente a lasciare le case e i confini cittadini; qui, ad essere abbandonati sono stati gli uffici. Il Covid e lo sdoganamento dello smart working hanno infatti rappresentato per l'America un punto di non ritorno: le scrivanie occupate sono appena il 47% oggi, contro il 95% del periodo pre-pandemico. La Salesforce Tower di San Francisco, coi suoi 61 piani ormai popolati solo dai fantasmi dei colletti bianchi, è la monumentale espressione di quella che un approfondimento di Insider chiama «office apocalypse». Le aziende, sopratutto quelle hi-tech, non ne vogliono più sapere di appesantire i bilanci con affitti onerosi. Così, scappano. Come Mark Zuckerberg, che di recente ha stracciato il contratto di locazione che legava Meta per tre uffici da 140mila metri quadrati in Hudson Yards e in Park Avenue, a New York.

Questa fuga collettiva è tutt'altro che priva di conseguenze. In particolare per il valore degli immobili commerciali. Solo nel 2020, nella Grande Mela i prezzi sono crollati del 45%, mentre sempre a San Francisco un edificio nel Missione District, venduto per 397 milioni di dollari nel 2019, è ora sul mercato per circa 155 milioni. Le previsioni nel breve termine non sono incoraggianti, e lasciano presupporre che non sarà semplice recuperare la perdita complessiva di 453 miliardi di dollari subita tra il gennaio 2020 e il maggio di quest'anno. Se il Paese scivolerà in recessione, andrà anche peggio.

Ma a preoccupare sono soprattutto gli effetti collaterali. Una presenza rarefatta di lavoratori negli uffici espone i centri metropolitani a parecchi rischi: dalla proliferazione della criminalità, al taglio di posti di lavoro (bar e ristoranti su tutti), fino a una minore erogazione di servizi pubblici. A subire l'impatto maggiore saranno però i bilanci comunali. Secondo la National League of Cities, le città si aspettano almeno un calo del 2,5% degli incassi sulle vendite immobiliari e un calo del 4% delle entrate fiscali per l'anno in corso.

Per risolvere il problema, il rasoio di Occam non aiuta. La soluzione più semplice sarebbe infatti riconvertire in residenziali gli edifici pubblici, ma il processo stenta a decollare. Colpa di nodi di natura tecnica (pavimentazioni, impianti idraulici, corridoi, finestre) che rendono oneroso il restyling, ma anche colpa del costo del lavoro e dell'aumento dei tassi deciso dalla Fed. Non sempre, peraltro, gli incentivi bastano a smuovere le acque.

Nonostante i 100 milioni stanziati dallo Stato di New York per convertire gli alberghi, un solo sviluppatore ha risposto all'appello. Bisognerà inventarsi qualcos'altro. O forse basterà ricordare le parole della scrittrice Jane Jacobs: «È per le persone, non per gli edifici, che dobbiamo adattare i nostri piani.

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