Giallo nella City: cosa fare della "banca di Putin" a cui il Regno Unito ha garantito un risarcimento?

La National Bank Trust di proprietà della Banca centrale russa deve ricevere un risarcimento per una frode del suo ex management nel Regno Unito. Cosa farà il governo di Johnson?

Giallo nella City: cosa fare della "banca di Putin" a cui il Regno Unito ha garantito un risarcimento?

Una banca internazionale e una star di fama mondiale come Bruce Willis a promuoverla. Una frode che ha fatto scalpore, un giro di richieste di estradizione tra la Russia e la Gran Bretagna persosi nei meandri della "Londongrad" oggi al tramonto e una partita di risarcimenti che si intreccia con la guerra delle sanzioni tra Regno Unito e Russia. Questa la parabola del National Bank Trust, istituto collassato nel 2014 dopo che crollò uno schema fondato sulla raccolta di fondi in forma fraudolenta da distribuire tra paradisi offshore e schemi di elusione fiscale.

I ministri britannici sono ora sotto pressione per imporre sanzioni alla banca, che vede le quote di maggioranza in mano alla Banca Centrale Russa. Un decennio fa, mentre il volto diI Bruce Willis, testimonial dell'istituto e non a conoscenza della frode, compariva in circa 400 filiali della National Bank Trust in tutta la Russia, accadeva spesso che il denaro versato nelle casse della banca dai clienti finiva, via Londra, inviato in tutto il mondo in prestiti per una rete di società offshore. Ma successivamente è stato appurato che l'elaborata struttura aziendale incorporava un ufficio volto alla produzione di documenti falsi ed era fondata uno schema fraudolento che nascondeva crediti inesigibili e arricchiva i dirigenti dell'istituto attraverso l'elusione fiscale. Un vero e proprio Schema Ponzi compiuto dal management dell'epoca contro la stessa banca, che oggi è stata salvata dall'istituto guidato da Elvira Nabiullina e intende rivalersi sui dirigenti fraudolenti dell'epoca. Mentre il governo di Boris Johnson teme che dando soddisfazione a ciò che la legge prescriverebbe si finirebbe per far finanziare con circa 735 milioni di sterline (900 milioni di dollari) il potere d'acquisto del rublo e la guerra di Vladimir Putin.

All’epoca dei fatti, nota il Corriere della Sera, "la maggioranza era detenuta da Ilya Yurov (presidente del consiglio di sorveglianza), Nikolay Fetisov (presidente dell’istituto) e Sergey Belyaev, che avrebbero organizzato una frode sui crediti insolvibili e sottratto milioni di dollari dai salari e dai bonus dei dipendenti". Nel contempo a Cipro, pozzo nero della finanza Ue, l'inglese Benedict Worsley "dirigeva le operazioni offshore della banca e aveva messo in piedi una fabbrica di documenti falsi".

Nel gennaio 2020 l'Alta corte di giustizia di Londra ha deliberato il risarcimento da 735 milioni di sterline dovuto dai tre dirigenti il cui schema collassò nel 2014, verso la banca, ritenuta parte lesa nella questione. Nel frattempo Elvira Nabiullina aveva messo in campo l'equivalente di 1,5 miliardi di euro per salvare l'istituto proprio nel 2014. Soddisfare questo credito sarebbe rischioso per il governo di Boris Johnson. Il Foreign Office ha annunciato sanzioni economiche contro la Banca centrale russa il 28 febbraio, quattro giorni dopo l'invasione dell'Ucraina e si trova in grande imbarazzo: mettere a rischio la certezza del diritto inglese in nome delle sanzioni alla Russia alimenterebbe il clima di sfiducia verso una piazza come quella di Londra agli occhi degli investitori internazionali, chiamare i tre manager ritenuti colpevoli a pagare significherebbe chiudere una vicenda scottante ma derogare alla linea della fermezza verso la Russia.

La National Bank Trust gode oggi di relativa salute nel quadro della finanza russa e consolidarne la posizione sanerebbe sicuramente i danni cagionati sul fronte interno russo e su quello della piazza londinese dai suoi tre gestori. Ma un istituto che nel 2021 ha staccato alla Bank of Russia una cedola di 700 milioni di dollari di dividendo è da ritenere rivale per il governo di Boris Johnson. La cui linea della fermezza si scontra oggigiorno con la complessità delle leggi finanziarie su cui la "Global Britain" sognata dal premier intende risorgere come piazza mondiale. La globalizzazione parte dai mercati e si fonda proprio sulla certezza del diritto: iniziare a derogare a questo principio può avere una serie di conseguenze indefinite sul tema dei rapporti economici tra Occidente e resto del mondo e per il futuro di Londra come piazza finanziaria. Anche questi problemi sono la causa della fine dell'osmosi tra finanza londinese e mondo russo saldatasi negli anni ruggenti di "Londongrad" e oggi giunta al termine sulla scia della mossa bellica di Putin.

E la partita delle sanzioni si dimostra piena di zone grigie anche per i più duri rivali di Putin: inserire National Bank Trust nella lista delle organizzazioni colpite appare come la mossa capace di limtiare maggiormente i danni per Londra. Ma chi si assumerà l'onere di una mossa del genere? Solo BoJo, che per ora tace sul caso specifico, può avere il peso per argomentare uno strappo così radicale con la common law britannica.

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