La Federal Reserve cambia le coordinate della rotta: il rialzo dei tassi arriverà già il prossimo anno e, soprattutto, il giro di vite sarà duplice. È una netta sterzata rispetto alla riunione di maggio, quando la banca centrale Usa aveva garantito che le bocce sarebbero rimaste ferme fino al 2024. Colta in contropiede, Wall Street non l'ha infatti presa bene: ieri, a ridosso della diffusione del comunicato che ha chiuso il vertice del Fomc (il braccio di politica monetaria), il Dow Jones ha perso in una manciata di minuti 300 punti e a un'ora dalla chiusura cedeva lo 0,8%, mentre risalivano i rendimenti dei bond decennali. Il messaggio di Eccles Building è inequivocabile: anche se al momento tutto resta come prima, a cominciare dagli stimoli mensili per 120 miliardi di dollari e dai tassi inchiodati attorno allo zero, il quadro congiunturale richiederà in futuro un diverso approccio. Ciò che più spaventa i mercati è quanto si va profilando a più a breve termine: ossia, un tapering anticipato. E tutti gli indizi convergono sul fatto che l'annuncio sulla data in cui inizierà il ritiro degli aiuti potrebbe essere dato in occasione del summit di Jackson Hole, il prossimo agosto.
In conferenza stampa, il presidente Jerome Powell non ha ovviamente scoperto le carte: «Come abbiamo detto, forniremo un ampio preavviso prima di annunciare qualsiasi decisione di apportare modifiche ai nostri acquisti».
Questo improvviso cambio di «umore» pare proprio essere stato determinato dall'inflazione. Per la prima volta, il numero uno della banca centrale ha ammesso che potrebbe essere «più alta e più persistente» del previsto. Se questa ipotesi si verificasse, l'istituto «potrebbe aggiustare la sua politica», ha aggiunto. Non a caso la Fed ha ritoccato verso l'alto di un punto percentuale le stime sui prezzi, attesi salire al 3,4% quest'anno. Seppure nel prossimo biennio sia ipotizzato uno stemperamento del fenomeno (2,1% nel 2022, 2,2% l'anno dopo) vengono sottolineati i rischi che potrebbero derivare dal surriscaldamento del carovita di cui è responsabile anche il ritmo di crescita dell'economia, che a fine dicembre dovrebbe espandersi del 7% contro il 6,5% stimato nel marzo scorso.
Se la stretta monetaria viene ritenuta ancora prematura è solo perché l'outlook sulla disoccupazione non è migliorato dalla scorsa primavera (tasso al 4,5%, «mercato del lavoro forte ma progressi disomogenei», ha detto Powell) e, soprattutto, perché non si vuole urtare la suscettibilità dei mercati, dove le famiglie americane hanno canalizzato una parte crescente della loro ricchezza, contribuendo a far lievitare il valore delle azioni di qualcosa come 12.400 miliardi a partire dal 2020.
Così, dopo tanto sopire e troncare, nella sala dei bottoni il mood è cambiato.
Lo si capisce dal crescente numero di falchi all'interno dell'istituto di Washington, dove sette componenti del board prevedono aumenti dei tassi nel 2022; a marzo erano quattro, a dicembre solo uno. I membri che mettono in conto un rialzo nel 2023 sono ora 13, mentre a marzo erano sette e a dicembre solo cinque. Alla Fed la pazienza sta per finire.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.