Glovo perde in tribunale. Dovrà assumere un rider

Era stato disconnesso dalla App, ora lavorerà a tempo indeterminato. E avrà un risarcimento

Glovo perde in tribunale. Dovrà assumere un rider

Un raider è stato assunto a tempo indeterminato da Glovo. Il tribunale di Palermo ha imposto l'assunzione all'azienda spagnola, che evidentemente non sapeva quanto fosse pericoloso rifiutare, in Italia, uno proposta di conciliazione fatta dal giudice del lavoro. Ad ottobre infatti all'azienda era stato chiesto di versare a titolo di conciliazione 12mila euro al lavoratore.
Ma la proposta, ritenuta troppo esosa, è stata rifiutata. Il risultato è stato l'obbligo di assunzione del lavoratore, un italiano, Marco Tuttolomondo, 49 anni con un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato e uno stipendio orario, quindi non più a cottimo, e con inquadramento di sesto livello, applicando il contratto collettivo del Terziario, distribuzione e servizi. Tuttolomondo aveva avviato una causa contro Glovo per contestare di fatto il suo licenziamento, effettuato con disconnessione del lavoratore dalla app.

Il giudice, afferma il sindacato Nidil Cgil che ha seguito il caso, ha anche disposto un risarcimento del danno dal giorno della disconnessione al giorno della effettiva reintegra e la differenza retributiva tra quanto guadagnato dal rider con il contratto autonomo e quanto gli sarebbe spettato con un contratto subordinato. La vicenda giudiziaria era partita a inizio di quest'anno.

Quando Tuttolomondo era stato di punto in bianco «disconnesso» dalla piattaforma per cui consegnava cibo e bevande a domicilio. Il rider era attivo da tempo nel movimento per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori e tra i militanti di Nidil Cgil Palermo e aveva denunciato le difficoltà vissute dai ciclofattorini delle piattaforme di delivery. Poco dopo, racconta il sindacato, la sua App è stata «bloccata».

Per la Cgil si tratta di una sentenza storica «molto importante nella strada del riconoscimento dei diritti e delle tutele per questi lavoratori che, in questa fase di epidemia, stanno tenendo in piedi un pezzo importante del nostro tessuto produttivo».
Si tratta inoltre della prima pronuncia del genere.

Le richieste presentate nel ricorso sono state tutte accolte integralmente. Per i sindacati questa forma di lavoro non può essere svolta con un contratto di lavoro autonomo, ma deve essere regolata come un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato.

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