La Grecia e la Troika: se i conti di Giannini non tornano

Il giornalista illustra costi (in termini di disoccupazione) ma anche benefici (forte riduzione del debito). Ma non è così

La Grecia e la Troika: se i conti di Giannini non tornano

Massimo Giannini è l’attuale conduttore di Ballarò, talk show di riferimento dell’intellighenzia progressista del nostro paese, quella che vede, per capirci, nel progetto europeo un comodo strumento di perpetuazione e finanziamento dei propri privilegi. Sotto la conduzione precedente, quella di Floris, Ballarò si era illustrato per le fantasiose ipotesi sulle conseguenze di un superamento dell’Eurozona. I cartelli con il latte quotato a millantamila milioni di lire in caso di uscita dell’Italia dall’euro erano ricorrente fonte di ilarità. Floris però una scusa l’aveva: parlava di un futuro ipotetico, sul quale certo si sarebbe dovuto ragionare in modo razionale e scientifico, anziché terroristico e folcloristico, ma che comunque resta incerto. Sotto la conduzione di Giannini Ballarò ha fatto un passo avanti (o indietro): da fantasiose ipotesi sul futuro, a ricostruzioni orwelliane del passato. Ricordate quella frase sibillina di “1984”: “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”? Per capire cosa significhi, basta un esempio. Nella puntata di Ballarò in onda martedì scorso Giannini ha detto che con la cura dell’austerità la Troika (il coordinamento di Bce, Fmi e CE) ha fatto diminuire il debito pubblico greco dal 300% al 175% del Pil, anche se questo è costato un aumento di nove punti del tasso di disoccupazione (dal 16% al 25%). Sembra un’esposizione equilibrata: ci sono stati costi (in termini di disoccupazione), ma anche benefici (in termini di riduzione del debito). Peccato che sia falsa: il debito pubblico greco non è mai arrivato al 300% del Pil (la Troika non l’ha fatto scendere), e grazie alla Troika la disoccupazione è aumentata di ben 16 punti (il costo è stato molto più salato)!

Quanto al debito, il 175% raggiunto nel 2013 (ultimo dato certo disponibile) rappresenta il massimo storico del rapporto debito/Pil, e corrisponde a un incremento di 48 punti percentuali rispetto a prima del 2010, anno di arrivo della Troika (potete verificarlo qui). Quanto alla disoccupazione, nel 2009 il tasso non era del 16%, ma del 9%, e quindi l’aumento provocato dalle politiche di austerità è stato di sedici, non nove, punti (qui). Il secondo dato spiega il primo: il rapporto fra debito e prodotto è balzato al 175%, proprio perché l’austerità ha provocato disoccupazione, e quindi crollo del prodotto. Lo ammette il Fondo Monetario Internazionale nel rapporto in cui valuta (e critica) la propria opera, dicendo di aver sbagliato le proprie previsioni (l’ammissione è a pag. 16).

Tiriamo le fila del discorso. Credo che Massimo Giannini fosse ancora vicedirettore di Repubblica quando questa disse chiaro e tondo chel’Italia dovrebbe sottoporsi al controllo della troika”. Non so se il dr. Giannini condivida questa opinione, e se anche fosse, sarebbe suo diritto esprimerla. Da dipendente del servizio pubblico, tuttavia, è suo dovere non fornire dati falsi, anche perché questo lo espone a un fastidioso sospetto. Immaginiamo che propugniate l’arrivo della Troika in Italia. Che cosa fareste per convincere gli italiani dell’opportunità di questa scelta? Semplice: cerchereste di dimostrare che la Troika non ha peggiorato la situazione dove è arrivata. Peccato che sia falso. Chi controlla il presente, cioè chi appartiene alle cordate che controllano i mezzi di informazione, controlla il passato, cioè può fornire dati falsi, in un paese nel quale la cultura del fact checking è assente. E naturalmente, come avrete capito, chi controlla il passato, cioè chi fa passare la Troika per una rude ma efficace governante, controlla il futuro, cioè può indurre gli italiani a fare scelte politiche gravemente errate, affidandosi ai bancarottieri seriali di Bruxelles.

Attenzione: non sto dicendo che sia questa l’intenzione (occulta o palese) del dr. Giannini: questa cosa non mi interessa, perché per indole cerco sempre di vedere il buono nelle persone, ma soprattutto perché non è interessante.

Il punto è completamente diverso: come la moglie di Cesare, così il servizio pubblico deve essere al disopra di ogni sospetto. Due errori macroscopici e nella stessa direzione oggettivamente allontanano Ballarò da questo elementare requisito.

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