L'inchiesta condotta dai quotidiani Le Monde e Guardian, insieme all'emittente televisiva Bbc e ad altre testate giornalistiche del Consorzio internazionale dei giornalisti di investigazione (Icj), di cui è parte anche L'Espresso, è destinata a destare molto clamore. I giornalisti hanno analizzato migliaia di documenti e mail riservate in un'inchiesta ribattezzata Uber files, dalla quale emerge che in un momento in cui il governo francese si mostrava particolarmente ostile alla piattaforma noleggio auto con conducente attraverso la legge Thevenoud, Emmanuel Macron sarebbe stato "quasi un partner" per Uber.
A quei tempi, Emmanuel Macron non era ancora salito all'Eliseo ma ricopriva il ruolo di ministro dell'Economia e, in quelle vesti, avrebbe intrattenuto stretti rapporti con i dirigenti della società. Dai documenti analizzati dai giornalisti del collettivo Icj, infatti, emergerebbe che Emmanuel Macron si sarebbe mostrato particolarmente interessato ad aiutare Uber fin dal suo primo incontro con Travis Kalanick, quando si è impegnato ad aiutare l'azienda a entrare nel mercato francese. A creare maggiori problemi in quegli anni era il servizio Uber Pop messo sotto inchiesta dalla Direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressone delle frodi (Dgccrf). In quel periodo ci furono molti scioperi e manifestazioni dei tassisti contro Uber.
Nel 2015, poi, i dirigenti del colosso statunitensi hanno chiesto l'aiuto del ministro dopo che a Marsiglia il prefetto Laurent Nunez ha vietato Uber in gran parte del dipartimento. "Signor ministro, siamo costernati dall'ordinanza del prefetto di Marsiglia", ha scritto in un sms il lobbista Mark MacGann a Macron, che per tutta risposta ha garantito che se ne sarebbe occupato "personalmente". Tre giorni più tardi il divieto viene modificato. Nunez, che oggi è coordinatore nazionale dell'intelligence all'Eliseo, smentisce eventuali pressioni ricevute dall'allora ministro.
Sono oltre 124mila i documenti che the Guardian ha potuto studiare nel corso degli ultimi mesi e tra questi ci sono anche elementi che portano in Italia. Ed è L'Espresso a condividere la parte relativa al nostro Paese, che sarebbe stato coinvolto in una campagna di pressione, il cui nome in codice era Italy - Operation Renzi, dal 2014 e il 2016. L'obiettivo era quello di agganciare e condizionare l'allora presidente del Consiglio e alcuni ministri e parlamentari del Pd. Nelle mail dei manager americani, Matteo Renzi viene definito "un entusiastico sostenitore di Uber".
Il leader di Italia Viva ha risposto alle domande di L'Espresso spiegando di non aver "mai seguito personalmente" le questioni dei taxi e dei trasporti, che venivano gestite "a
livello ministeriale, non dal primo ministro". L'Espresso, comunque, sottolinea che il governo guidato da Matteo Renzi non ha approvato alcun provvedimento a favore del colosso californiano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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