"Restituite la pensione". Cosa accade (e cosa fare subito)

Molti contribuenti, anche a distanza di anni, hanno ricevuto la richiesta della restituzione di somme di denaro da parte dell'Inps: ecco cos'è l'indebito pensionistico e perché (spesso) non vanno restituite

"Restituite la pensione". Cosa accade (e cosa fare subito)

Spesso capita che i contribuenti che percepiscono una pensione di invalidità o l'assegno sociale, si ritrovino con la somma di denaro "ritirata" (quindi recuperata) dall'Inps se l'Ente ritiene che non ne abbiano più il diritto: è il caso del cosiddetto indebito pensionistico.

Perché la richiesta è illegittima

Si parla di indebito assistenziale quando l’Inps ritiene che il cittadino abbia indebitamente percepito prestazioni assistenziali come nel caso degli esempi appena fatti ma chiede, anche a distanza di anni, la restituzione di somme già versate. È qualcoisa, però, che non si potrebbe fare: la regola generale in tema di indebito assistenziale è l'irripetibilità, cioè l’illegittimità della richiesta di restituzione delle somme già versate, che può essere superata solo nel caso in cui il beneficiario abbia agito con dolo e comunque non abbia provveduto a comunicare i propri dati reddituali ad una qualsiasi pubblica amministrazione. È così che prevale la tutela del "legittimo affidamento del cittadino" ovvero, soltanto per il fatto che l’Inps è l’Ente stesso che eroga tali prestazioni dopo aver effettuato tutte le verifiche del caso, si presume che sia a conoscenza anche dei dati reddituali che riguardano lo stesso contribuente beneficiario della prestazione.

Cosa dice la giurisprudenza

Una regola ben chiara sulla revoca della prestazione assistenziale non c'è. La legge, però, si è espressa sull'argomento ritenendo che ci sia l’esigenza "di non gravare eccessivamente il percipiente e di tutelarne l’affidamento rispetto alla condotta dell’Inps" ed evidenziando come si voglia evitare che la percezione indebita di somme dopo la verifica "possa protrarsi eccessivamente nel tempo, atteso che la sospensione dell’erogazione deve essere immediata e che il provvedimento di revoca deve intervenire nel breve lasso di tempo di novanta giorni dalla sospensione", afferma al Giornale.it l'avvocato Celeste Collovati, Fondatore e Managing Partner di Dirittissimo (tuttopensioni@gmail.com). In pratica, superati i 90 giorni dall'eventuale revoca o sospensione del beneficio l'Istituto non può far più nulla, non può più reclamare il pagamento delle somme anche se la legge non lo prevede in maniera esplicita.

Cosa succede nel caso di contenziosi

L'avvocato riporta l'esempio di persone che per anni hanno beneficiato dell’invalidità perchè ne avevano diritto sia dal punto di vista reddituale che sanitario, e ben 4 anni e 5 mesi dopo aver ricevuto la prestazione si sono ritrovati la richiesta di restituzione di somme da restituire anche superiori alle 50mila euro. La restituzione, in quel caso, è legittima? "Il comportamento dell’Inps e questi notevoli ritardi nel revocare la prestazione assistenziale ha prodotto un copioso contenzioso, culminato in numerose pronunce della Suprema Corte che fanno leva sul principio del legittimo affidamento dei pensionati sul trattamento pensionistico indebitamente percepito in buona fede, in cui le prestazioni, pur indebite, sono solitamente destinate a soddisfare bisogni alimentari propri del pensionato e della famiglia", spiega la Collovati.

In alcuni casi, la sussistenza del requisito sanitario di “non autosufficienza”, di grave invalidità, era palese ma il cittadino si è ritrovato provvedimenti Inps pieni di richieste di restituzione di importi, anche di ingente valore, corrispondenti a quanto percepito a titolo di prestazione assistenziale. Il legislatore si è ritrovato con una doppia patata bollente: da un lato, fare gli interessi dell'Inps e verificare il sussistere dei requisiti per ottenere la prestazione; dall'altro, salvando la ripetibilità nel caso di dolo da parte del beneficiario.

Quando una richiesta diventa legittima

L’Inps ha ragione soltanto nel caso in cui riesce a provare il dolo di chi riceve la prestazione previdenziale: lo ha stabilito una sentenza della Cassazione. Quindi, il consiglio rimane sempre lo stesso: prima di soddisfare la richiesta di restituzione importi effettuata dall’Inps, è importante verificare la legittimità della stessa.

"Se non è ravvisabile il dolo del pensionato in quanto quest’ultimo si è adoperato per rendere noti i dati reddituali, o comunque questi erano conoscibili all’Inps, la richiesta di restituzione non dovrà essere soddisfatta e si potrà procedere dunque ad una richiesta di annullamento del debito notificato", conclude l'avvocato.

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