“La definizione di un salario minimo deve essere opportunamente coordinata con altri istituti presenti nel mercato del lavoro, non ultimo il reddito di cittadinanza”. Lo afferma l’Istat nel documento presentato in audizione al Senato, relativamente alla proposta di salario minimo orario firmata da Nunzia Catalfo del Movimento 5 Stelle.
Il provvedimento prevede l’aumento del salario minimo a 9 euro lordi/ora e riguarderebbe il 21percento dei lavoratori dipendenti (circa 2,9 milioni di persone) con un incremento medio annuale della retribuzione pari a 1.073 euro pro-capite. L'incremento percentuale più significativo coinvolgerebbe i lavoratori occupati nelle altre attività di servizi (+8,8 percento), i giovani sotto i 29 anni (+3,2percento) e gli apprendisti (+10percento).
A fare da contraltare sarebbero i costi a carico delle imprese, soprattutto quelle con dipendenti (circa 1,5 milioni), che avrebbero "un aggravio di costo che, se non trasferito sui prezzi, porterebbe a una compressione di circa l'1,2percento del margine operativo lordo”.
Secondo l’Istat, inoltre, sarebbe necessario fare attenzione che il reddito di cittadinanza non comporti un disincentivo alle misure di politiche attive del lavoro come l’aumento del salario minimo orario: “la scelta del livello del salario minimo deve contemperare due esigenze di segno opposto.
Un salario minimo troppo alto potrebbe, infatti, scoraggiare la domanda di lavoro o costituire un incentivo alo lavoro irregolare, determinando quindi un ampliamento della segmentazione tra lavoratori e un'ulteriore marginalizzazione delle categorie più svantaggiate. Un salario minimo troppo basso, per contro, potrebbe non garantire condizioni di vita dignitose”.
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