La crisi turca continua a pesare sui mercati finanziari, anche se dopo il black friday della scorsa settimana le perdite sono state tutto sommate contenute. Il calvario della lira però continua: al -15% di venerdì scorso si è sommato un ribasso ieri di poco sotto il 9% che ha portato la divisa ad avvicinarsi pericolosamente a quota 7 nel rapporto col dollaro. L'emorragia non si è fermata, nonostante l'intervento con cui la banca centrale turca ha tagliato il coefficiente di riserva obbligatoria in lire per le banche di 250 punti base su tutte le scadenze. Una misura da 10 miliardi di lire, l'equivalente di 6 miliardi di dollari, rafforzata da una liquidità in oro per un valore di 3 miliardi di dollari. Ma i mercati si aspettano ben altri provvedimenti allo scopo di puntellare la valuta locale. A cominciare da un aumento dei tassi d'interesse. Al giro di vite si è però sempre opposto il presidente Recep Tayyip Erdogan, che per mantenere fede alle promesse elettorali che gli hanno valso la riconferma non intende avallare alcuna politica restrittiva. Il Paese, secondo alcuni analisti, è già a rischio di recessione. E un irrigidimento della politica monetaria potrebbe peggiorare la situazione. Erdogan continua a puntare il dito contro gli Usa, accusati «di accoltellare alle spalle» un partner strategico all'interno della Nato, come è appunto Ankara per Washington.
La situazione in Turchia continua a tenere in apprensione anche le altre economie mondiali. A trovarsi sotto pressione sono le valute dei Paesi emergenti (e anche l'euro, che rimane sotto quota 1,14 dollari), ancora fortemente dipendenti dal capitale straniero e le cui fragilità sono messe in luce da questa situazione di crisi. In Argentina, a sorpresa, la banca centrale ha deciso ieri di alzare i tassi, per la quarta volta nel 2018, di ben 500 punti base al 45%. Non un buon segnale.
In questo scenario complicato le Borse europee sono comunque riuscite a
limitare i danni. Ma a Milano (-0,58%) a finire sotto pressione sono state ancora le banche. L'indice di settore ha lasciato sul terreno il 2%, ma peggio ha fatto Unicredit (-2,58%) a causa della sua esposizione verso Ankara.
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