Marelli Holdings manterrà le proprie attività in Italia e, con i sindacati, discuterà le missioni produttive (13 gli impianti nel Paese) delle proprie unità di business (illuminazione, elettronica, powertrain classici ed elettrici, sospensioni e altro legato al settore automotive), ricerca e sviluppo. È l'impegno conseguente al duplice accordo che l'azienda - passata nel 2019 da Fca alla giapponese CK Holdings, a sua volta controllata dal fondo americano Kkr - ha siglato con Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr. In pratica, i 550 esuberi (100 quelli riguardanti i dirigenti) annunciati le scorse settimane saranno affrontati con strumenti unicamente volontari: utilizzo delle dimissioni incentivate e contratto di espansione che dovrà successivamente essere messo a punto al ministero del Lavoro. Nessun licenziamento, dunque.
I sindacati sottolineano come il contratto di espansione darà l'opportunità, a un massimo di 350 persone, di uscire anticipatamente per agganciare la pensione nel quinquennio. Le uscite volontarie incentivate non supereranno le 200 unità e, insieme a quelle del contratto di espansione, non andranno oltre 450. Per i 100 dirigenti è stato stabilito un conteggio a parte. Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr giudicano positivamente l'accordo grazie al quale verrà evitato il rischio di esuberi unilaterali attraverso gli strumenti oggi a disposizione. Le stesse sigle cercheranno ora di far applicare una formula analoga per le 700 eccedenze di personale che Bosch ha comunicato per la fabbrica di Modugno (Bari).
In Marelli Holdings è in corso una profonda riorganizzazione che coincide con la «tempesta perfetta» che ha colpito la catena globale di approvvigionamento di un settore già alle prese con le difficoltà derivate da un processo generale di transizione energetica mal gestito. Inevitabili, a questo punto, le ripercussioni sui flussi di cassa. Da qui la decisione di chiedere aiuto a Nissan Motors per gli acquisti di magazzino, ma anche a Mizuho Bank e una trentina di altri istituti di credito allo scopo di rinegoziare il debito e allungare i tempi di pagamento. Marelli, allo stesso tempo, è impegnata a redigere un piano di ricostruzione aziendale, inclusi investimenti aggiuntivi da parte di Kkr, nonché possibili collaborazioni con nuovi partner commerciali. A dicembre 2020, l'azienda aveva un debito totale di 9,5 miliardi di dollari.
Le
organizzazioni sindacali, intanto, richiamano nuovamente l'attenzione del governo sul tema automotive affinché metta in campo ulteriori strumenti specifici di tutela delle attività industriali e di salvaguardia dell'occupazione.
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