Poste, pronto l'ascensore per la discesa del Tesoro

Ultimato il decreto per collocare il 29% posseduto dal Mef che continuerà a controllare il gruppo col 35% di Cdp

Poste, pronto l'ascensore per la discesa del Tesoro
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Il collocamento bis di Poste entra nel vivo. Lo schema di Dpcm per la vendita in Borsa di una parte della partecipazione in capo al ministero dell'Economia è pronto e sarà un'operazione potenzialmente win-win: fare cassa pur mantenendo il controllo della società. Il testo della schema, anticipato da Radiocor, sarà trasmesso successivamente alle commissioni parlamentari competenti per l'esame, e prevede che il Mef mantenga comunque una quota anche indiretta di almeno il 35% del capitale. Attualmente il Mef detiene il 29,26% direttamente e il 35% indirettamente attraverso Cassa Depositi e Prestiti per una quota complessiva del 64,26 percento.

Una conferma di quanto già delineato dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti: «Abbiamo detto che dobbiamo tenere il controllo, quindi non possiamo scendere sotto il 35%». A livello finanziario, se sul mercato andrà l'intera quota diretta in mano al Mef il governo incasserà circa 3,9 miliardi di euro, risorse necessarie alle casse dello Stato. Indipendentemente dalla quota, la cessione avverrà attraverso una Offerta pubblica di vendita rivolta sia a risparmiatori e dipendenti sia a investitori istituzionali italiani ed esteri. Potrà essere prevista qualche forma di incentivazione nell'offerta dei titoli rivolta a risparmiatori e dipendenti per favorirne la partecipazione.

Il primo collocamento di Poste Italiane è avvenuta nel 2015 quando il ministero del Tesoro ha collocato 461 milioni di azioni, cioè il 35,3% del capitale, a investitori istituzionali, dipendenti e piccoli risparmiatori. L'operazione ha portato il Mef a incassare 3,1 miliardi collocando i titoli a 6,75 euro per azione.

A giugno del 2016 il dicastero di via XX Settembre ha varato poi un riassetto della partecipazione conferendo il 35% a Cdp e mantenendo in via diretta una partecipazione di poco superiore al 29 per cento. In generale, per il mercato il gruppo guidato dall'ad Matteo Del Fante è un fiore all'occhiello: Poste Italiane è un'azienda in buona salute finanziaria, che conta su 120mila dipendenti e 12.800 uffici postali. Inoltre, dall'Ipo a oggi, ha portato nelle casse del Mef 1,68 miliardi di dividendi. I primi nove mesi dell'anno il gruppo ha registrato ricavi per 8,8 miliardi (+6,8%) e un risultato operativo pari a 2,1 miliardi (+1,5%). L'utile è salito a 1,5 miliardi, in rialzo del 6 per cento.

L'operazione desta preoccupazione tra i sindacati che in queste ore si stanno confrontando con il Mef per avere le rassicurazioni del caso. Per i sindacati, infatti, «si tratta di un'impostazione miope che nel medio termine impoverirà il Paese».

Una cosa è certa, in occasione del prossimo piano industriale del gruppo in calendario per il 20 marzo la compagine azionaria della società sarà probabilmente già mutata con l'ingresso di qualche grande fondo internazionale.

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