Zero virgola cinque. Già lunedì mattina il principale elemento a saltare agli occhi degli investitori è il premio quasi inesistente su cui poggia l'offerta di scambio, interamente in azioni, di Unicredit per mettere le mani su Banco Bpm. Un anello debole a cui Andrea Orcel dovrà porre rimedio per aumentare le probabilità di successo del suo piano volto a fare un salto dimensionale in Italia (sempre che l'Ops vada avanti). Un precedente eccellente è quello di Intesa Sanpaolo nel 2020 quando per convincere i soci di Ubi Banca rivide al rialzo del 13% l'offerta iniziale.
A prescindere dai giudizi abbastanza univoci sulla logica industriale dell'operazione, che andrebbe a rafforzare il posizionamento di Unicredit in regioni chiave del Nord Italia (e ci mancherebbe), sono tante le osservazioni critiche sul mancato riconoscimento del valore attuale e prospettico di Piazza Meda. Valutazione che ad oggi non può prescindere da Anima, su cui Banco Bpm ha già lanciato un'Opa da 2 miliardi. Gli analisti di Kwb ritengono che considerando Anima il valore dell'istituto guidato da Giuseppe Castagna lievita di almeno il 10%. In generale i prezzi obiettivo indicati dalle varie banche d'investimento sono ben superiori al concambio proposto da Unicredit. Stando ai prezzi medi degli analisti raccolti da Bloomberg, l'offerta di Unicredit dovrebbe salire almeno in area 7,55 euro, senza considerare il valore incrementale di Anima che gli analisti ancora non incorporano nei loro prezzi obiettivo. Alcuni, come quelli di Mediobanca Research, danno target ancora più ambiziosi (8,2 euro).
Anche l'agenzia di rating S&P ritiene implicitamente consigliabile una modifica dei termini dell'operazione «per renderla più interessante», non escludendo inoltre la discesa in campo di altri potenziali interessati a Bpm. «Il principale ostacolo per l'accordo è la mancanza di un premio», taglia corto Barclays che, in caso di aumento del prezzo offerto inserendo anche una quota in contanti, vede a rischio la fattibilità/tempistica dell'operazione Commerzbank in Germania.
La casa d'affari britannica ha anche calcolato le potenziali «eccedenze» a livello di filiali, con il 5% dei circa 5mila sportelli totali da chiudere o cedere in virtù di vincoli antitrust. Unicredit ha indicato una «sovrapposizione limitata» delle filiali, con il 10% delle province italiane che hanno una quota di mercato combinata di depositi/prestiti superiore al limite antitrust del 20 percento.
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