Prima di pensare a un nuovo taglio del cuneo fiscale, il prossimo governo dovrà individuare le risorse per confermare quanto già fatto nel 2022. Prima la legge di Bilancio 2022, poi il decreto Aiuti bis, infatti, hanno contribuito a rendere più leggera la tassazione sulle buste paga, riducendo del 2% la quota contributi che grava sul lavoratore dipendente, ma solo per chi ha un reddito annuo inferiore a 35mila euro lordi.
Una misura utile per contrastare la perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione, ma che per il momento è stata finanziata solamente per l’anno corrente. Spetterà al prossimo governo decidere il da farsi, ma sarebbe paradossale se si decidesse di riportare l’aliquota contributiva al 9,19%, proprio adesso che si sta discutendo su come ridurre ulteriormente il cuneo fiscale.
Semmai non dovesse esserci un rifinanziamento della misura, infatti, gli stipendi si abbasserebbero di nuovo, e paradossalmente rischiano di essere persino più bassi rispetto al 2021 visto che nel frattempo c’è stata la riforma fiscale che ha abolito il trattamento integrativo - ex bonus Renzi - per coloro che hanno un reddito superiore a 15mila euro.
Pensiamo a uno stipendio lordo di 2.000 euro: se non dovesse esserci la conferma dello sgravio contributivo del 2% ne risulterebbe una riduzione di circa 40 euro al mese per l’importo netto. Per chi guadagna 2.500 euro, invece, la riduzione sarebbe di 50 euro al mese.
Il problema è sempre il solito: le risorse.
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