Un giorno orribile, il 16 dicembre, segnato con un cerchio rosso sul calendario di tutti gli italiani. È il tax day. Entro martedì prossimo i contribuenti del Belpaese sono chiamati dallo Stato a versare al Fisco ben 44 miliardi di euro. Il premier Matteo Renzi e il sodale all'Economia Pier Carlo Padoan si fregano le mani e si preparano a incamerare il bottino. Ma che fine faranno tutti quei soldi? Saranno divorati dalla pachidermica macchina statale. Uno schiocco di dita e già non ci saranno più. Volatilizzati nel nulla. Non andranno a coprire alcun investimento.
Il tax day di fine anno si avvicina. È dietro l'angolo. L'ufficio studi della Cgia di Mestre ha stimato intorno ai 44 miliardi il gettito che ciascuna scadenza assicurerà al fisco o ai Comuni italiani. Euro più, euro meno. Il versamento dell’Iva garantirà l’importo più cospicuo: all'incirca 16 miliardi di euro. Dalle ritenute Irpef dei lavoratori dipendenti, invece, le casse dell'Erario incasseranno altri 12 miliardi, mentre l’ultima rata dell’Imu, che in grandissima parte affluirà nei forzieri dei primi cittadini, costerà agli italiani ben 10,6 miliardi di euro. La Tasi, che in questa speciale graduatoria è presente per la prima volta solo da quest'anno, consentirà ai Comuni di incassare 2,3 miliardi. Dalla Tari, vale a dire il nuovo tributo sull’asporto rifiuti, l'ultima rata per il 2014 assicurerà un gettito di quasi 1,9 miliardi, mentre dal versamento dell'Irpef dei lavoratori autonomi arriverà un altro miliardo di euro. Infine, dall’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del Tfr e dalle ritenute sui bonifici per le detrazioni Irpef, lo Stato porterà a casa rispettivamente 231 e 72 milioni di euro.
"Il 16 dicembre - denuncia il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi - è tradizionalmente una scadenza fiscale da far tremare i polsi: una pioggia di scadenze che potrebbe mettere in seria difficoltà molte famiglie e altrettante piccole imprese a causa della cronica mancanza di liquidità". Con il perdurare della crisi economica questo impegno rischia di diventare per molti imprenditori un vero e proprio stress test. Gli artigiani di Mestre ricordano, infatti, che nel 2014 la pressione fiscale in Italia è lievitata al 43,3%. Un livello tra i più elevati in tutta Europa. "Ma la pressione fiscale reale - conclude Bortolussi - vale a dire quella che grava sui contribuenti onesti, che si misura togliendo dal Pil nominale il ’pesò dell’economia non osservata, si colloca appena sotto il 50% attestandosi, secondo una nostra stima, al 49,5%: oltre 6 punti percentuali in più del dato ufficiale". Il pil nazionale include, infatti, anche la cifra imputabile all’economia sommersa prodotta dalle attività irregolari che, non essendo conosciute al Fisco, non pagano né tasse né contributi.
Secondo le ultime stime dell'Istat l’economia non osservata, che ora include anche il valore aggiunto "prodotto" dal contrabbando di sigarette, dalla prostituzione e dal traffico di stupefacenti, si aggira attorno ai 200 miliardi di euro all'anno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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