L’indebita percezione di contributi a fondo perduto comporta una tipologia di sanzione amministrativa o penale a seconda della gravità: la normativa a cui si fa riferimento è l’articolo 25 del Dl 34/2020 ed anche le successive misure di sostegno rinviano per questi aspetti a tale disposizione.
Sanzioni amministrative e penali
Se per qualsiasi motivo il contributo non risulti spettante, in tutto o in parte, dopo che sarà stato verificato da chi di dovere, verrà eseguito un recupero crediti secondo la legge in atto. Di conseguenza, sarà emesso un atto di recupero da notificare entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello della percezione del contributo (quindi entro il 2028 o il 2029). La sanzione, poi, varierà dal 100 al 200% della misura delle somme indebitamente percepite e in nessun caso sarà possibile la definizione agevolata delle sanzioni mediante il pagamento di un terzo di quanto irrogato. Come riportato dal Sole 24 Ore, nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante, si applica anche l’articolo 316 ter del Codice penale che regola il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. In questo caso, rischia la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque, mediante utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, o altre erogazioni comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato o da altri enti pubblici.
Somme e violazioni
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96, la violazione non costituisce reato e si applica una sanzione amministrativa da 5.164 a 25.822 euro che non può superare il triplo del beneficio conseguito (Cp, articolo316 ter, comma 2). In questo caso, l’orientamento dell’amministrazione finanziari sembra ammettere la doppia sanzione (penale e tributaria) per le ipotesi di indebita percezione oltre 3.999,96 euro oppure può applicare la sola sanzione tributaria in caso di percezioni inferiori ai 3.999,96 euro. Se la violazione è commessa da una società, scatta anche la responsabilità amministrativa dell’ente se il percettore sia una società di capitali che trovando applicazione nel Dlgs 231/2001: la sanzione arriva fino a 500 quote (praticamente da un minimo di 129mila a un massimo di 774.500 euro). Resta ferma, ovviamente,la possibilità di opporre l’applicazione in azienda di modelli organizzativi e degli altri accorgimenti previsti dal predetto Dlgs 231/2001, con la conseguente non sanzionabilità della società.
Incapacità e interdizione
L’articolo 32 quater del Codice penale prevede l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione nei confronti di chi viene condannato per il reato in questione commesso in danno o a vantaggio di un’attività imprenditoriale o comunque in relazione a essa. Per quanto riguarda la società, invece, trovano applicazione le seguenti misure interdittive: il divieto di contrattare con la Pa se non per ottenere prestazioni di pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, contributi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi. Infine, nei confronti della società è sempre disposta la confisca (diretta o per equivalente) e quindi il preventivo sequestro del profitto del reato salvo che per la parte restituita al danneggiato.
Il perché di sanzioni severe
Da un lato la pandemia, dall'altro l’urgenza di emanare disposizioni sulla concessione di contributi in un momento drammatico per la maggior parte delle imprese e dei professionisti con la contemporanea necessità di prevedere sanzioni idonee a scoraggiare eventuali indebite percezioni, hanno contribuito alla introduzione di sanzioni particolarmente severe ed esagerate. L’emergenza del momento non ha consentito di valutare che l’applicazione delle infrazioni riportate nell’articolo 316 ter del Codice penale e di una sanzione tributaria (con equiparazione ai crediti di imposta) comporta una doppia sanzione (tributaria e amministrativa) nei casi di indebite percezioni sotto i 4.000 euro e l’applicazione dell’intera normativa prevista dal Dlgs 231 in capo alla società. Anche le conseguenze per la società in base al Dlgs 231/2001 sono molto gravi, basti considerare che i modelli organizzativi e i conseguenti protocolli e procedure interne sono attuati anche in considerazione dell’attività svolta dall’impresa, rispetto alla potenziale commissione dei reati, che determinano la responsabilità dell’ente, da parte dei vertici aziendali.
Molte, società pur adottando il sistema preventivo di cui al Dlgs 231/2001, non beneficiando normalmente di contribuzioni pubbliche, non hanno sviluppato specifiche procedure idonee a prevenire i reati contro la Pubblica amministrazione all’interno dei quai è ricompreso il ripetuto articolo 316 ter.
Bisogna sperare, quindi, in un intervento del legislatore per la revisione del sistema sanzionatorio su queste vicende che risente dell’emergenza ma rischia di equiparare condotte truffaldine ad errori certamente non dolosi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.