Riunione fiume e non certo facile per il cda di Tim ieri sui conti trimestrali che ha visto il debito in calo a 22,2 miliardi, ma anche i ricavi in diminuzione del 2,1% nel terzo trimestre. Nei 9 mesi i ricavi sono stati 11,4 miliardi (-0,4%) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La società non riesce ancora a capitalizzare gli sforzi dell'ad Luigi Gubitosi che ha spinto l'acceleratore su nuove attività come il cloud dove Tim ha realizzato una società ad hoc, Noovle che parteciperà alla gara per il polo strategico nazionale. E neppure gli sforzi per la promozione della banda ultralarga tramite il campionato di calcio con l'accordo con Dazn hanno fatto crescere gli utenti, che però si sono stabilizzati, anche se pare che la nuova offerta a 29,99 euro al mese con due mesi di connessione gratuita stia avendo successo. Tim stima un bacino potenziale per il calcio pari a 5 milione di utenti. Ma al momento gli investimenti fatti per Noovle e calcio sono maggiori dei ricavi. Così il titolo soffre in Borsa, fermo intorno 0,33 euro di valore: -8% in tre mesi.
Il maggior azionista, Vivendi con il 24% circa, nonostante alcuni rumors continua però a dirsi fiducioso. Insomma non ci sarebbero attriti, come invece ipotizzato, tra Gubitosi e il patron di Vivendi, Vincent Bollorè. Tim ha valorizzato alcuni asset come l'ultimo miglio della rete in rame confluita in Fibercop, società in cui è entrato il fondo Kkr e che è stata valutata 7,7 miliardi, poi c'è Sparkle società dei cavi sottomarini stimata 1,4 miliardi, c'è l'informatica di Olivetti e la cibersicurezza di Telsy, tema molto caldo.
Insomma tutte società che potrebbero essere quotate o potrebbero trovare degli investitori come già accaduto per le torri di trasmissione di Inwit. E ieri l'ad ha ottenuto dal cda il via libera sul tema. Sul titolo pesa anche la battuta di arresto subita dal progetto di rete unica in fibra con Open Fiber, cosa che sembrava fatta con il precedente governo Conte ma non con il governo Draghi. Ora si attende il closing dell'operazione di vendita di Open Fiber, che passa da Enel al controllo solitario di Cdp (60%) con il fondo Macquarie (40%). E dato che Cdp è anche azionista di Tim al 10% e Open Fiber è in ritardo nella realizzazione della rete nelle aree bianche, l'ex-monopolista spera che si possa trovare la quadra per realizzare il progetto. Per gli analisti la concorrenza nella telefonia mobile, con 4 operatori strutturati e 40 virtuali ha molto favorito gli utenti, con tariffe basse e pacchetti quasi illimitati di giga compresi nel prezzo ma ovviamente penalizzato gli operatori.
Anche nella telefonia fissa la concorrenza non manca ed è per questo che Tim ha puntato sui contenuti e sulla qualità con l'offerta Magnifica che accelera per 10 le prestazioni della rete ma fa salire il prezzo di abbonamento da 25 a 50 euro al mese. Un'altra delle scommesse con cui Tim spera far salire il valore del titolo in Borsa.
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