La battaglia su Ubi innescata dall'offerta pubblica di scambio (Ops) da circa 4,9 miliardi di Intesa è solo all'inizio. I grandi azionisti del gruppo bergamasco si stanno muovendo per studiare tutte le alternative possibili perché un fatto appare ormai chiaro: se la Ca' de Sass non rivedrà le condizioni, i soci di riferimento di Ubi utilizzeranno tutte le cartucce a disposizione per ostacolare l'operazione. Intanto in Piazza Affari Ubi viaggia sui valori dell'offerta a 4,21 euro (in calo dello 0,3%), mentre Intesa Sanpaolo 2,52 euro (-1,1%).
La chiamata a raccolta dei grandi soci di Ubi, oggi divisi su tre patti di consultazione, potrebbe essere il primo passo. Insieme rappresentano il 25,5% del capitale, ma fuori dai patti la quota complessiva potrebbe già sfiorare il 30%, senza considerare eventuali simpatizzanti e alleati. Il passo per arrivare alla soglia di blocco, il 33,3% del capitale, è a portata di portafoglio e di contatti, considerando che tra i grandi soci di Ubi ci sono i Bosatelli (al 2,85%) di Gewiss, i Bombessei (con l'1%) di Brembo e i Gusalli Beretta (all'1%) dell'omonima fabbrica di armi. D'altronde l'Ops di Intesa Sanpaolo è condizionata al raggiungimento del 66,67% del capitale del gruppo bergamasco, una soglia che permetterebbe alla Ca' de Sass di approvare in assemblea l'integrazione e il successivo delisting di Ubi facendo emergere le sinergie attese.
Il Car, il patto di sindacato che controlla il 17,8% del gruppo bergamasco grazie alle partecipazioni degli imprenditori lombardi e delle fondazioni bancarie, ha tuttavia già dichiarato il no pasaran, definendo l'operazione ostile e l'offerta irricevibile. Lunedì 24 febbraio dovrebbero arrivare le posizioni ufficiali dal sindacato degli azionisti di Ubi (al 7,6% del capitale a cui aderisce tra l'altro la famiglia di Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa) e del Patto dei Mille (all'1,6%). Nel mirino dei grandi soci oltre alle condizioni economiche dell'offerta e alla futura governace (il Car, per dire, scenderebbe al 2% del capitale), vi è la cura e la preservazione dell'economia del territorio.
Anche per questo motivo da Milano fanno trapelare che il piano di Intesa porterà alla creazione di nuove quattro direzioni regionali, con riferimento in particolare alla Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, a Bergamo, Brescia, Cuneo e Bari. Non solo. L'intenzione della Ca' de Sass inoltre è quella di aumentare l'erogazione di nuovo credito di oltre 10 miliardi all'anno nei confronti di questi territori.
Sul mercato poi non manca chi inizia a ipotizzare la possibilità di una contro offerta. Se i principali protagonisti della scena bancaria italiana hanno, almeno per ora, fatto un passo indietro rispetto al risiko in corso, non è detto che seguano lo stesso principi i principali gruppi finanziari d'Oltreconfine. Il blitz di Intesa Sanpaolo avrebbe evidenziato il valore del gruppo bergamasco valutato dall'Ops il 40% in meno rispetto al suo patrimonio seppure il 28% in più rispetto ai prezzi di venerdì 14 febbraio.
Tra le strade ipotizzate dal mercato impazza un'offerta della stessa Ubi su Mps (di cui il Tesoro detiene un 68% che, secondo gli accordi con Bruxelles dovrebbe dismettere entro il 2021) che renderebbe l'operazione assai dispendiosa per Intesa.
Una suggestione complessa a livello strategico, politico e legale visto che, con l'annuncio dell'Ops infatti Ubi è diventata soggetta alla passivity rule prevista dall' 104 del Tuf, ovvero deve astenersi da attività che ostacolino la contendibilità del gruppo salvo il voto assembleare o deroghe previste dallo statuto.
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