Efficaci e tollerate le nuove cure contro l’artrosi

Ignazio Mormino

Se dovessimo scegliere un sintomo per «presentare» una malattia cronica come l’artrosi sceglieremmo, senza esitazioni, il dolore: diverso, è vero, da individuo a individuo ma sempre intenso, lacerante (spesso lo si avverte anche durante il sonno e naturalmente non si riesce più a dormire).
Bisogna partire da questo elemento diagnostico - cui si aggiungono altri sintomi e una lenta ma costante deformazione delle articolazioni colpite - per comprendere lo stato d’animo dei soggetti colpiti e il loro desiderio di guarire al più presto. Questi pazienti, di solito, hanno più di trent’anni: ma esistono anche casi di artrosi precoce. Dopo i settant’anni, una radiografia delle mani rivela la presenza di artrosi in ottanta casi su cento nei soggetti di sesso femminile e nel 60 per cento dei soggetti di sesso maschile. L’artrosi dell’anca, invece, è più diffusa nei maschi.
I dati italiani sono molto eloquenti: 3 milioni di nostri connazionali, maschi e femmine, soffrono di artrosi del ginocchio, un milione e mezzo di artrosi della mano; ottocentomila di artrosi dell’anca. La malattia è non solo cronica ma degenerativa e può portare all’invalidità. Curare l’artrosi significa, prima di tutto, curare il processo infiammatorio che è alla sua origine e che provoca seri danni ossei e cartilaginei. Il primo farmaco anti-infiammatorio impiegato nella terapia dell’artrosi è stato l’aspirina. Dopo molti decenni, il suo posto è stato preso da un gran numero di «fans», farmaci anti-infiammatori non steroidei, sicuramente efficaci ma responsabili di seri problemi gastrointestinali, in primo luogo dell’ulcera, quasi sempre di natura emorragica. Secondo il professor Carlo Patrono dell’Università romana La Sapienza, lo sviluppo d’una nuova classe di «fans» denominata coxib ha ridotto notevolmente tale rischio, facilitando la terapia. Due diversi trials clinici, condotti su un totale di ventiseimila soggetti portatori di patologie osteoarticolari hanno dimostrato al di là di ogni dubbio, che ogni farmaco della famiglia coxib, inibitore altamente selettivo, riduce del 60 per cento le complicanze indotte dai «fans» tradizionali.
Continua il professor Patrono: «Negli ultimi dodici mesi sono stati resi noti i risultati di trials clinici randomizzati verso placebo in cui sono stati impiegati tre diversi composti: celecoxib, refecoxib, valdecoxib. Sono state segnalate alcune complicanze di natura trombotica». Questi risultati, per concorde giudizio di molti reumatologi, non possono demonizzare la famiglia dei coxib né cancellarla dalla delicata fase di intervento contro i danni provocati dall’artrosi. In vari congressi internazionali è stato ribadito che questi nuovi «fans» sono semmai da somministrare in dosi più basse, per periodi più brevi e sotto attento controllo d’uno specialista (naturalmente, non devono essere curati con tali farmaci i soggetti che hanno avuto un infarto o che sono portatori di grave scompenso cardiaco). Il professor Patrono, in un suo intervento, suggerisce «nuovi studi comparativi di diversi farmaci, in situazioni cliniche diverse» e raccomanda saggiamente «nuove strategie di personalizzazione della terapia anti-infiammatoria di contenimento».
«Contenimento» è la parola giusta.

Una malattia cronica che ha come massima espressione il dolore (lacerante, devastante) e che colpisce milioni di persone, quasi tutte in età avanzata, non può essere lasciata a se stessa, in attesa di nuove ricerche. È disumano non intervenire per lenire le sofferenze di questi malati.

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