Einstein, Verdi, Foscolo Le case dei grandi dentro il cuore di Milano

Einstein, Verdi, Foscolo Le case dei grandi dentro il cuore di Milano

È di poche settimane la notizia che sono in dubbio le teorie di Einstein basate sulla velocità insuperabile della luce: i neutrini, infatti, pare «corrano» più in fretta. Ormai tutti ne parlano ma chi di noi sa che lo scienziato più famoso al mondo è vissuto alcuni anni a Milano e che la sua casa esiste ancora oggi? E non è certo l’unico personaggio illustre ad aver abitato nella città meneghina, da sempre polo d’attrazione per uomini d’arte, scienza e cultura. Soggiornarono a Milano, ad esempio, Foscolo e Leopardi, Montale e Quasimodo, Mozart e Verdi, Puccini, Boccioni, Alessandro Volta e Hemingway. Delle abitazioni dove vissero, alcune nel tempo sono andate distrutte, altre totalmente modificate, altre invece si conservano uguali ad allora. Al numero 21 di via Bigli una targa ricorda il periodo milanese di Einstein che trascorse nel nostro paese quelli che egli stesso descrisse come gli anni più belli della vita. Albert giunse sedicenne in Italia assieme alla famiglia, trasferitasi sul finire dell’Ottocento dalla Germania a Pavia per aprire una centrale elettrica. Dopo poco tempo gli Einstein si spostarono a Milano, dove condussero una fabbrica di motori e dinamo fin quando il padre di Albert morì: riposa da allora nel Cimitero Monumentale. Un altro famoso personaggio solito risiedere lungamente a Milano era Giuseppe Verdi. Il maestro dimorava in via Manzoni, nell’allora Albergo Milano, oggi Grand Hotel et de Milan. La stanza dove alloggiava ha ancora gli stessi mobili e arredi di quando Verdi l’abitava, impegnato nella composizione di capolavori come «Otello» o «Falstaff» e di quando nel gennaio del 1901, dopo una breve agonia, rispettata dai milanesi spargendo paglia su via Manzoni per attutire i rumori delle carrozze, vi morì. Un altro grande artista che soggiornò nella Milano dei Visconti per otto anni, a metà del Trecento, fu Francesco Petrarca. Ebbe prima una casa a due passi dalla Basilica di Sant’Ambrogio, in via Lanzone 53, dove una lapide lo commemora, poi si trasferì vicino alla Chiesa di San Simpliciano, nella zona di Brera. Durante l’estate, per sfuggire al gran caldo cittadino, il poeta era solito rifugiarsi nella Certosa di Garegnano, a fianco di viale Certosa, oppure si appartava in quella che allora era una casa solitaria in aperta campagna, la cascina Linterno, in via Fratelli Zoia 194, nei pressi di San Siro. Se Petrarca amò Milano, non si può dire lo stesso di Giacomo Leopardi. Il poeta giunto in città nel 1825 fu ospitato al numero 2 di quella che oggi è via Grossi, allora via Santa Margherita, di fianco alla Galleria Vittorio Emanuele, dove un’iscrizione lo celebra. Di Milano, della sua gente, dell’aria e del cibo, nelle sue varie epistole ne scrisse sempre peste e corna, salvo poi, una volta partito dopo pochi mesi di permanenza, confessare che in fondo non era poi tanto male, meglio certo di molte altre città in cui aveva abitato. Anche Wolfgang Amadeus Mozart visse alcuni periodi a Milano, alloggiando nel convento agostiniano della Chiesa di San Marco. Vi arrivò la prima volta a quattordici anni, nel 1770, al seguito del padre che, conscio dello straordinario talento musicale del figlio, aveva organizzato una tournée nelle più importanti corti italiane perché fosse consacrato nell’olimpo della musica. Alessandro Volta invece, l’inventore della pila elettrica, è rievocato da una lastra posta in via Brera al numero 4, sul palazzo in cui dimorò tra il Sette e l’Ottocento. In quegli anni Napoleone in persona, affascinato dagli studi e dalle scoperte dello scienziato italiano, lo insignì di numerose onorificenze, nominandolo anche senatore del Regno d’Italia. Quando la parabola di Bonaparte giunse al termine, anche il soggiorno di Volta a Milano s’interruppe bruscamente: durante una violenta rivolta dei milanesi contro gli amministratori francesi che li vessavano di tasse, il senatore Volta, trovatosi in mezzo ai tumulti e preso di mira, fu costretto a una rapidissima fuga in carrozza dalla città per non farvi mai più ritorno. Anche Ernest Hemingway visse qualche mese a Milano, non però come turista ma come ferito di guerra nell’Ospedale della Croce Rossa americana, in via Armorari 6. A soli diciottanni, infatti, Ernest, scartato dall’esercito americano, si offrì volontario nella Croce Rossa e fu spedito sul fronte italiano del Piave, dove nel luglio del 1918 rimase ferito gravemente alle gambe da un colpo di mortaio austriaco.

Ricoverato quindi nell’ospedale di via Armorari, una targa oggi lo ricorda ancora, fu assistito per tutta la convalescenza, circa tre mesi, da una giovane crocerossina americana di cui s’innamorò perdutamente: proprio alla loro storia d’amore s’ispirerà nel suo celebre romanzo «Addio alle armi».

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