Kiev disarma le milizie: colpo a nazionalisti e filorussi

La polizia sgombra con la forza il quartier generale del partito di estrema destra Pravy Sektor. Nel mirino gli "stranieri" dell'Est

Kiev disarma le milizie: colpo a nazionalisti e filorussi

I gruppi paramilitari nazionalisti e filorussi saranno disarmati per legge in Ucraina. Lo ha deciso ieri mattina conun voto a maggioranza la Rada, il Parlamento di Kiev, dopo che la scorsa notte in una sparatoria davanti a un ristorante in pieno centro sono rimaste ferite tre persone tra cui il vicesindaco Bogdan Dubass. Un uomo di 33 anni, militante del gruppo di estrema destra Pravy Sektor che è stato tra i protagonisti delle manifestazioni in piazza Maidan che in febbraio hanno portato alla caduta del presidente Viktor Yanukovich, è stato arrestato.

Già prima del voto gli uomini di Pravy Sektor erano stati costretti dalla polizia a consegnare le armi e a sgomberare, con i passamontagna o le sciarpe a coprire il volto, l'albergo Dnipro, loro quartier generale a poca distanza dalla piazza Indipendenza. Il presidente della Repubblica Oleksandr Turchynov ha chiarito che «solo i militari che fanno parte delle forze armate ucraine, la Guardia nazionale o i servizi di sicurezza interni dell'Sbu possono portare armi. Se una persona armata non fa parte di una di queste tre formazioni è un sabotatore che opera contro l'Ucraina».

Svolta repressiva, dunque, contro le milizie dell'ultradestra nazionalista, il cui leader Dmytro Yarosh è tra i candidati alle presidenziali del prossimo 25 maggio. Ma nel mirino ci sono anche i gruppi filorussi che agiscono nelle province orientali, e che il governo di Kiev accusa di essere infiltrati da cittadini stranieri (cioè russi) in veste di provocatori. Resta da vedere se il disarmo di questi gruppi armati si rivelerà praticabile.

Continua intanto il complesso lavorio diplomatico per risolvere la situazione di grave crisi internazionale provocata dall'annessione della Crimea alla Russia. L'annunciato ritiro delle truppe russe dai confini ucraini, sui quali esercitano da settimane una preoccupante pressione, è stato messo in dubbio ieri dal segretario generale della Nato («Non è quello che abbiamo visto», ha detto Anders Fogh Rasmussen). La cancelliera tedesca Angela Merkel, che già aveva preso le distanze dal suo ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble che aveva paragonato il comportamento di Putin in Crimea a quello di Hitler nei Sudeti nel 1938, è stata anche in quest'occasione più cauta: «Non ho ragione di dubitare del ritiro russo, che il presidente Putin mi ha annunciato al telefono».

Berlino, d'accordo in questo con Parigi, ha anche espresso contrarietà a una presenza della Nato in Ucraina evocata dall'ambasciatore americano a Kiev: l'Alleanza «deve evitare provocazioni» e «non dare pretesti a Mosca per una ulteriore escalation». Ieri il Parlamento ucraino aveva votato l'autorizzazione a esercitazioni militari congiunte con la Nato sul proprio territorio.

Le mosse russe in questi giorni sono da una parte improntate a maggiore dialogo con l'Occidente, dall'altro a esercitare ulteriori pressioni. Sia sull'Ucraina, alzando di oltre il 40 per cento il prezzo del gas venduto a Kiev e costringendo il governo a prevedere aiuti a 4 milioni di famiglie indigenti, sia sui Paesi europei con essa confinanti. Esempio di questo atteggiamento sono le dichiarazioni di Putin sulla Transnistria, territorio moldavo di fatto in mano russa che il presidente russo vuole «tutelare».

Di conseguenza, i Paesi dell'Europa orientale membri della Nato chiedono protezione. Così nei Paesi baltici sono già state eseguite esercitazioni aeree e ieri, prima dell'incontro a Bruxelles con i ministri degli Esteri dell'Alleanza, Rasmussen ha detto chiaramente che «la difesa comincia con la deterrenza. Faremo i passi necessari per chiarire al mondo che nessuna minaccia contro gli alleati della Nato avrà successo».

In particolare, viene annunciata una «più intensa collaborazione» con i partner dell'Europa orientale e la sospensione di tutte le forme di cooperazione pratica, sia militare che civile, con la Russia. In attesa di una revisione delle relazioni in giugno.

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