Gli euroburocrati e i professorini di Bruxelles e dintorni lo avrebbero già internato accusandolo di mettere a repentaglio la stabilità dei mercati e il futuro delle nazioni. Ma per fortuna dei Giapponesi il «folle» Abe se ne frega degli economisti e delle loro teorie. E i fatti gli danno ragione. Ieri dopo aver fatto stampare trilioni di yen facendo raddoppiare l'inflazione, ma facendo anche decollare le esportazioni e l'economia il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha vinto le elezioni per la Camera Alta. Ora grazie al controllo di entrambi i rami del Parlamento è pronto a raddoppiare.
Il consenso di cui godono la coalizione di governo e il suo Partito Liberal Democratico potrebbero spingerlo a far ripartire il nucleare, a rivoluzionare ulteriormente le politiche economiche e persino a buttare ai pesci la Costituzione. Abe il «folle» è pronto, insomma, a farsi beffe dei vecchi tromboni pronti, anche da quelle parti a immobilizzare il Paese. Proprio per questo i suoi piani appaiono assai interessanti anche da un punto di vista italiano. Se da noi il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo supera quota 127% in Giappone è addirittura al 240%. Quel macigno senza pari nelle altre nazioni industrializzate sembrava vanificare qualsiasi riforma. Dallo scorso dicembre - quando il 58enne Abe ha conquistato il controllo della Camera bassa tornando ad occupare la poltrona di premier - la musica è cambiata. Abe ha innanzitutto imposto agli zelanti custodi della Banca del Giappone robuste emissioni di valuta capaci raddoppiare l'inflazione fino a portarla al 2 per cento. Così mentre i soloni s'indignavano lo yen perdeva un quarto del suo valore sul dollaro, le esportazioni fioccavano e le banche incassavano valuta estera. In pochi mesi l'economia cresceva del 4% e gli indici di borsa del 40%. Quei risultati senza precedenti sono alla base della vittoria di ieri alla Camera Alta con cui Abe s'assicura la garanzia di governare senza problemi fino al 2016. Il meglio però arriva ora. Abe pur di abbattere i costi d'importazione dell'energia - saliti alle stelle dopo la rinuncia al nucleare e la svalutazione dello yen - è pronto a far riaprire le centrali atomiche nel nome dell'interesse nazionale.
E mentre la Banca centrale continuerà ad emettere cartamoneta per circa 500 trilioni di yen all'anno (380 miliardi di euro) il governo stimolerà consumi e produzione abbattendo la tassa sulle società ferma al 36 per cento Per aumentare le entrate e fronteggiare il debito s'innalzeranno invece dal 5 al 10 per cento le imposte sulle vendite. Un ulteriore impulso allo sviluppo e al mercato del lavoro arriverà dagli oltre 90 miliardi di euro che il governo spenderà nel primo trimestre del prossimo anno per ammodernare strade e scuole. Nei piani di Abe la rigenerazione economica deve però andar di pari passo con la rinascita della politica e dell'orgoglio nazionale. Se i numeri della maggioranza glielo consentiranno il premier non esiterà a promuovere un referendum per cambiare la Costituzione e mettere in piedi una Forza armata in grado di garantire una nuova politica di difesa. La cancellazione dei consunti dogmi pacifisti imposti al Giappone sconfitto è indispensabile, secondo Abe, per fermare la minaccia missilistica nord coreana e l'aggressività di una Cina pronta allo scontro per il controllo delle isole Senkaku.
Un primo segnale delle intenzioni del premier lo si vedrà forse già nell'anniversario della sconfitta giapponese del prossimo 15 agosto. La vittoria elettorale di ieri potrebbe spingere Abe a celebrare la ricorrenza con una visita al contestato santuario di Yasukuni.
In quel sacrario scintoista sono sepolti, secondo la vulgata comune e la storia scritta dai vincitori, almeno 14 criminali di guerra. Ma lì secondo Abe e tanti giapponesi stufi di fare i conti con il passato, si ricordano semplicemente le anime di milioni di soldati caduti combattendo nel nome dell'imperatore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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