La Grecia afflitta da tre memorandum della troika si scopre afflitta da un'altra voragine, che pare impossibile colmare se non provvisoriamente. Questa volta la fuga di capitali riguarda il partito che ha segnato i destini del Paese dagli anni Ottanta in poi: i socialisti del Pasok, finiti in un'inchiesta giudiziaria per un buco stimato in almeno 100 milioni di euro sotto la presidenza Papandreou, di cui 53 milioni solo in viaggi. Fiumi di denaro spesi senza documentazione, lacune amministrative che lasciano ipotizzare un'appropriazione indebita, esposizione verso i fornitori, seminari e convegni mai realizzati ma regolarmente fatturati.
C'è di tutto in questo vero e proprio buco nero. Si va dagli 80mila euro per una manifestazione di partito in Piazza Syntagma ad Atene, mai avvenuta, a un evento di taekwondo il 1° giugno 2008 finanziato con 114mila euro. La spiegazione più logica, secondo gli accusati, è che fossero spese varie senza documentazione e catalogate con sciatteria. Se non fosse che, nell'elenco pubblicato ieri dal quotidiano greco Ethnos, si arriva ad una spesa annua documentata di 10 milioni per viaggi all'estero, fino ai 14 milioni di rimborsi elettorali di cui non si hanno notizie. C'è poi un costo totale di 622.444 euro in una sola settimana nel gennaio 2010 alla voce «movimenti collaboratori del presidente». Un particolare collaboratore, per qualche inspiegabile ragione, ha avuto accesso a fondi con una semplice firma su un foglio di carta bianco. Per due anni la persona in questione ha ricevuto complessivamente quasi un milione e mezzo in contanti. Come inspiegabile è il prestito elargito dal Fondo Pasok alla moglie di un manager dell'azienda telefonica di Stato Ote.
Nel giorno in cui va in porto la seconda privatizzazione nel Paese (ceduto il 30% dell'aeroporto internazionale di Atene «Elefteros Venizelos» alla canadese Hochtief per un miliardo di euro), scoppia la grana nel partito socialista, ai minimi storici nei sondaggi (7%) dopo essere stato al potere per trent'anni dai tempi di Papandreou senior. E proprio l'ex premier Giorgios, un altro rampollo della prestigiosa dinastia che, assieme ai Mitzotakis, ha gestito in solitudine assoluta la politica greca post colonnelli, va in questi giorni allo scontro con l'attuale segretario del Pasok, il coriaceo Evangelos Venizelos, presente nel governo di coalizione guidato dal conservatore Samaras assieme al democratico Kouvellis. E protagonista dello scandalo finanziario della Lista Lagarde degli evasori ellenici, su cui l'apposita commissione di inchiesta sta ultimando i lavori tra accuse di bilanci non trasparenti e gestioni non ortodosse.
Al caos in casa socialista si affianca quello dovuto ai neonazisti di Alba Dorata, duramente stigmatizzati dalla comunità ebraica mondiale per i feroci attacchi degli ultimi giorni. Il partito che nei sondaggi «vola» al terzo posto del gradimento con il 13% (a giugno ottenne il 7%) in un articolo pubblicato sul proprio sito web condanna la visita a Washington del primo ministro greco Samaras, ospite tra poche settimane al Forum mondiale del Jewish Committee (Ajc). Secondo l'organizzazione ebraica, Alba dorata sostiene che «i sionisti abbiano il controllo della politica statunitense e greca». Ma i deputati greci che distribuiscono cibo solo ai poveri che mostrano la carta di identità greca non si sono fermati qui e hanno elaborato un cartone animato in cui demonizzano il presidente americano Obama, presentandolo come un ebreo religioso e descrivendolo con termini razzisti.
Il direttore dell'Ajc, David Harris, sostiene che «Alba dorata non tenta nemmeno di nascondere l'ideologia dell'odio», aggiungendo che, a quasi 70 anni dall'Olocausto, «è un punto di vista insidioso che non può essere ignorato».twitter@FDepalo
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