Non accennano a fermarsi le violenze che da alcuni giorni si sono scatenate in Sud Sudan, stato africano arrivato all'indipendenza appena due anni fa.
Le tensioni etniche, i cui contorni assomigliano sempre di più a quelli di una guerra civile, hanno provocato almeno 500 morti nei giorni scorsi e costretto un gran numero di abitanti a lasciare le proprie case, nel tentativo di trovare rifugio dagli scontri.
Una trentina di sfollati si sono diretti verso la base Onu che si trova ad Akobo, nello stato dello Jonglei. La roccaforte delle Nazioni Unite è però stata presa d'assalto oggi dai miliziani fedeli all'ex presidente Riek Machar.
L'Onu ha perso i contatti con gli uomini della sua base, quarantatre peacekeeper indiani. Due di loro sono stati uccisi e un terzo ferito e trasportato al centro medico di Malakal.
Nel Paese africano si fronteggiano in questi giorni due fazioni, quella fedele al presidente Kiir, di etnia Dinka e quella che combatte invece con Machar, della tribù Nuer. Quest'ultimo è accusato di un fallito colpo di Stato.
Il capo dei ribelli ha lanciato oggi un appello perché l'attuale leader del Paese rassegni le sue dimissioni. "Se vuole negoziare le condizioni del suo abbandono del potere - ha aggiunto - noi siamo d'accordo".
Emergenza umanitaria
Un rapporto stilato dalla Ong Human Rights Watch ha accusato i soldati fedeli al presidente di avere massacrato decine di civili, molti dei quali di etnia Nuer. I militari avrebbero aperto il fuoco su alcune aree densamente popolate.
Sempre più difficile anche il lavoro della cooperazione. Gli italiani di Intersos, che hanno base nella città di Bor, da oggi sotto il controllo dei ribelli, hanno denunciato un saccheggio che rende molto complicata la situazione degli operatori, salvi ma non in condizione di operare.
Grazie al loro lavoro, in Sud Sudan vengono assistite circa 330mila persone.Il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, ha annunciato il via all'evacuazione dei nostri concittadini, che arriveranno domani in Italia, all'aeroporto di Ciampino.
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