La Cina fa il pieno di energia sotto i piedi nasconde un tesoro

La Cina fa il pieno di energia sotto i piedi nasconde un tesoro

Conviene mettersi l'animo in pace e non pensarci più per un pezzo. La notizia è che il gigante cinese ha ancora energia da vendere, in senso letterale, prima che i suoi muscoli comincino a flettere e dia segno non dico di stanchezza, ma di quella fiacchezza psicologica che coglie chi è rimasto da solo sul ring e non trova più sfidanti disposti a incassare una gragnuola di garantiti cazzotti.
Che gli mancava, ai cinesi, per fare terra bruciata dei concorrenti nel settore manifatturiero? Il gas, il petrolio, no? Bene, hanno scoperto che ne possono fare a meno; che hanno riserve di gas naturale non convenzionali, sotto i loro piedi, tali da coprire il fabbisogno interno per due secoli. Questa è la cattiva notizia. Quella buona è che, per ammissione dello stesso ministro delle Risorse, stanare questo gas non sarà facile, e al momento - peccato! - la Cina non ha la tecnologia giusta per venire a capo del busillis.
Ce l'hanno gli americani, che sono pur sempre un bel pezzo avanti, la tecnologia. Ce l'abbiamo noi, potremmo dire, allargandoci un po'. Ma se hanno imparato qualcosa dal passato, gli americani (e noi con loro) sarà opportuno star bene attenti, stavolta, prima di spartire con quelle che una volta si chiamavano «tigri asiatiche» la (nostra) tecnologia avanzata. Aveva un senso, se l'ha avuto, quando c'era da rafforzare la cintura di nazioni - Giappone in testa, e poi Taiwan e la Corea del Sud - alle quali si affidò il compito di contenere le brame dell'orso sovietico nel Pacifico, al tempo della Guerra Fredda, quando sui pennoni del Cremlino sventolava la bandiera rossa. Ma ora?
Ora, come ha ammesso a mezze parole il signor ministro dell'Industria, ammantandosi di modestia, la Cina vuol bene a tutti, e figurarsi se è mai stata sfiorata dall'idea di calare il carico da undici dell'energia sul tavolo dei cinque continenti. Ci sono già all'opera la Shell e la Chevron, in Cina, mandano a dire da Pechino; ed è con queste due multinazionali, con cui sono già in ballo una serie di joint ventures, che ci si metterà all'opera per stanare il gas.
Stanare è forse davvero la parola giusta, del resto. Giacchè il gas di cui parliamo è contenuto in banchi immensi di scisti bituminose, o argillose: un fonte conosciuta da molto tempo ma finora ritenuta non sfruttabile, almeno, fino a quando negli Stati Uniti non sono state elaborate alcune nuove tecniche che consentono, per lo meno in maniera teorica, di accedere a questi giacimenti.
Qui si sta parlando, se riuscite a farvene un'idea, di 25.100 miliardi di metri cubi di gas da scisti, quasi il doppio dei 13.600 miliardi stimati delle riserve statunitensi. E giacchè la Cina ha scavalcato proprio gli Stati Uniti in vetta alla classifica dei consumatori globali di energia, la questione ha una sua non secondaria importanza strategica e anche politica.
Può essere che i cinesi stiano barando? ci si domanda. Sfortunatamente non pare. I dati cinesi, pubblicati ieri dal Daily Telegraph, sono coerenti con le stime pubblicate lo scorso anno dalle stesse autorità Usa, che indicavano le riserve cinesi in gas da scisti superiori del 50 per cento circa a quelle statunitensi. Insomma non c'è gara. Ma poiché i cinesi non sono così fessi da ambire al ruolo di primi della classe, e anzi sono ben contenti di lasciare l'illusione della primazia agli americani, eccoli scegliere la strategia del basso profilo, dell'understatement. Riserve di gas per due secoli? Ma sì, ma sì, concede cerimonioso il vicedirettore del ministero per le risorse naturali, Yu Haifengm. «Però le condizioni geologiche da superare sono complesse», e insomma con le conoscenze scientifiche attuali, e boh...

e vai a sapere... chissà quanto ci vorrà per potere sfruttare appieno i giacimenti. Mister Yu naturalmente sorrideva quando diceva queste parole. Ma come sempre, vai a indovinare che cosa c'è, dietro il sorriso di un cinese...

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