L'ultima folle impresa dei turisti a caccia di guai: in India paura per i due italiani rapiti dai maoisti. Ma in troppi vanno a caccia di guai. E poi paghiamo noi
In comune hanno solo la nazione dove sono reclusi, gli uni in mano ai guerriglieri gli altri della locale polizia. Non sia mai, dunque, che Paolo Bosusco e Claudio Colangelo vengano apparentati, nel sentire comune, a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Questi ultimi due, militari in missione ufficiale per conto dello Stato e delle Nazioni Unite. I primi, turisti avventati con smanie d'avventura. «Data la natura del terreno, il clima e gli aspetti inconsueti di una realtà che per molti è del tutto sconosciuta, in questi trekking occorre una certa disponibilità ad affrontare imprevisti e difficoltà inaspettate », si legge nel sito della «Orissa Adventurous Trekking» di Bosusco. «In Orissa si sconsigliano i viaggi nell'interno dello Stato e nelle zone rurali, in particolare nei distretti di Kandhamal e Bargarh», si legge invece nel sito del ministero degli Esteri riservato alla sicurezza nei viaggi. E sono i distretti di Kandhamal e Bargarh che Paolo Borusco intese far provare al suo cliente, Claudio Colangelo, gli «imprevisti e le difficoltà inaspettate » che ci si aspetta da un tour operator specializzato in «adventurous trekking». Finirà bene, così assicurano le autorità locali (e un certo ottimismo trapela anche dalle dichiarazioni dei nostri ambienti diplomatici) per i due italiani. Che hanno comunque messo in moto un costoso dispositivo coordinato dall’unità di crisi della Farnesina, organismo che ormai pare riservato a trarre dai pasticci imprudenti quando non sconsiderati amanti dell’esotico selvaggio o campioni e campionesse dell’impegno umanitario in zone di guerra e guerriglia. Lo stesso Colangelo, a sentire chi pare lo conosca bene, si era spinto fin nell'Orissa «per cercare di scoprire alcune realtà e poter dare un contributo alla salute, alla dignità e all’istruzione all’interno dei villaggi». In India lo chiamano «safari umano» (concetto ben espresso dal capo dei maoisti sequestratori, Shabhasachi Panda: «Abbiamo arrestato due turisti italiani che, come centinaia di stranieri, trattano le popolazioni locali come scimmie, come fenomeni da baraccone»). Da noi il safari umano lo si chiama, con più elegante linguaggio, turismo consapevole: «Gli incontri con le popolazioni tribali - si legge nel sito dell’«Orissa Adventurous Trekking» - sono una vera esperienza di vita; muovendoci nelle loro giungle, con gli stessi sentieri usati da loro, dormendo a volte nelle loro capanne, condivideremo per un attimo la loro vita, le loro gioie e dolori». Esperienza di vita, condivisione di gioie e dolori, addirittura calpestare il terreno precedentemente calpestato dai buoni selvaggi. Ce n’è quanto basta. E verrebbe quasi da togliersi il cappello se quel turismo fosse anche consapevole dei patemi, del lavoro e dei costi stratosferici che come danno collaterale talvolta comporta.
L’augurio sincero è che Paolo Bosusco e Claudio Colangelo siano presto restituiti all’affetto dei loro cari.
Ma al lieto fine non segua, per favore, il consueto show degli eroici reduci (mi torna in mente, con raccapriccio, il défilé delle due Simone). Quello, caso mai, spetterà di diritto ai due marò quando finalmente e per giustizia torneranno in madrepatria, dove ad averli cari siamo milioni.
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