New York - «Obama under fire», titolano i giornali americani. Il presidente Obama è sotto il fuoco incrociato di televisioni e quotidiani, sia liberal che di fede conservatrice, e per la prima volta dalla sua rielezione è costretto a giocare in difesa colpito da una serie di scandali che minano la sua credibilità. E sono in tanti tra le fila repubblicane tentati di dare la spallata alla sua presidenza attraverso l'impeachment. Gli ultimi dati shock sugli abusi sessuali tra i militari, che crescono di anno in anno a doppia cifra percentuale, hanno costretto ieri Obama a una riunione d'urgenza con il segretario della difesa, Chuck Hagel, e il capo di stato maggiore Martin Dempsey.
«I casi di abusi e violenze sessuali nelle forze armate americane sono pericolosi per la nostra sicurezza», ha denunciato il presidente al termine dell'incontro. «Oltre a essere un crimine vergognoso e scandaloso, mina la fiducia tra i militari e di fatto renderà e ha già reso le nostre forze armate meno efficaci di quello che potrebbero essere», ha aggiunto il presidente, chiedendo così ad Hagel e al generale Dempsey di affrontare con grande determinazione e severità questo problema, che gli sta creando un grave danno politico e di immagine sia tra i commentatori conservatori che tra quelli liberal.
Recenti statistiche dimostrano che sono in forte aumento i casi di abusi sessuali nelle forze armate, tanto da aver spinto ieri il presidente a definire coloro che li commettono, come «soldati che tradiscono l'uniforme che indossano».
La cosa peggiore è che a macchiarsi di questi crimini sono coloro che dovrebbero impedirli, vale a dire superiori che arrivano addirittura a far prostituire alcuni loro subordinati. Come nel caso del sergente di Fort Hood, nel Texas, consigliere per le pari opportunità e responsabile del programma di prevenzione degli abusi sessuali, il quale si è trasformato in un predatore sessuale e «pappone». Il sergente, di cui non è stato reso noto il nome, è stato subito sospeso e rischia fino a 15 anni di reclusione. Avrebbe fatto anche peggio un tenente colonello dell'Air Force, Jeffrey Krusinski, a capo dei programmi sulle violenze sessuali alle soldatesse, il quale 10 giorni fa è stato arrestato ad Arlington, in Virginia, per aver palpeggiato ripetutamente e aggredito una donna in un parcheggio di un centro commerciale, la quale non accettava le avance sessuali dell'ufficiale.
Un recente studio del Pentagono, elaborato su denunce e testimonianze anonime, ha stimato che circa 26 mila militari hanno subito assalti sessuali nel 2012, rispetto ai 19 mila soldati del 2011. Mentre le denunce raccolte nelle forze armate per reati sessuali sono state 3.374 nel 2012, rispetto ai 3.192 del 2011.
E questi scandali sessuali si vanno ad aggiungere a quelli dell'agenzia del fisco americano, il temuti «Irs», che da due anni ha preso di mira i leader conservatori del Tea Party, vessati all'inverosimile. Poi c'è il caso Bengasi, l'attentato terroristico al consolato Usa in Libia costato la vita all'ambasciatore e a tre agenti della Cia.
«Non siamo ancora al livello del Watergate, ma è un gran casino, perché i funzionari della Casa Bianca hanno modificato più volte il rapporto sull'attentato: il caso Bengasi è una questione molto seria perché 4 americani sono morti», ha detto Bob Woodward, il mitico giornalista del Washington Post che 40 anni fa costrinse il presidente Nixon alle dimissioni.
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