Chi l'ha detto che l' "esportazione" della democrazia in Afghanistan non ha funzionato? Almeno dal punto di vista degli aspiranti presidenti, la corsa a contribuire al futuro del Paese è affollata. Per le elezioni del 5 aprile 2014, un anno cruciale perché è quello del ritiro delle truppe occidentali, si sono presentati ben 21 candidati, tra ex ministri, outsider, vecchi leader della resistenza anti Urss e signori della guerra. A sei mesi dalle urne la sfida è già nel vivo.
Il termine per le registrazioni presso la Commissione elettorale indipendente (Iec) è scaduto da pochi giorni. Sono stati presentati oltre venti ticket, formati da un candidato alla presidenza e due alla prima e alla seconda vicepresidenza. Nel listone ci sono sia nomi di primo piano della politica afgana sia personaggi praticamente sconosciuti. La campagna elettorale durerà, per legge, dal 2 febbraio al 31 marzo 2014. Per la successione ad Hamid Karzai, che non è ricandidabile perché alla fine del suo secondo mandato, gli analisti hanno individuato quattro personalità forti.
Il primo è l'ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah, già candidato nel 2009 e capo dell'opposizione a Karzai, che ha scelto per la vicepresidenza due leader della resistenza antisovietica come Mohammad Khan e Mohammad Mohaqiq. Corre poi il ministro degli Esteri in carica Zalmai Rassoul, affiancato da Ahmad Zia Massoud, fratello del leggendario "Leone del Panjshir" Ahmad Shah Massoud, e da Habiba Sarabi, unica donna con la carica di governatore di una provincia (quella di Bamyan). Il terzo aspirante alla più alta carica dello Stato è l'ex ministro delle Finanze Ashraf Ghani Ahmadzai, già a capo della Commissione per la sicurezza della transizione e considerato filo occidentale. In squadra ha il potente generale Abdul Rashid Dostum e l'ex ministro della Giustizia Sarwar Danish. Proprio Dostum è uno di quei lord of war dal passato a dir poco ingombrante. Prima di buttarsi in politica è stato uno dei più spregiudicati combattenti della guerra civile degli anni '80 e '90. Ha di recente chiesto scusa pubblicamente agli afgani per le sofferenze che ha ammesso di "aver potuto causare".
Il quarto nome tra i più quotati e quello del fratello maggiore del presidente uscente, Qayum Karzai, che ha scelto come compagni l'ex ministro delle Miniere Wahidollah Shahrani e il parlamentare ed economista Mohammad Ibrahim Qasemi. Fra gli outsider invece ci sono Abdul Rassoul Sayyaf, noto per essere stato il primo a invitare in Afghanistan Osama bin Laden espulso dal Sudan, Aziz Ludin, responsabile dell'organismo che si occupa della lotta alla corruzione, e il pronipote del re Zahir Shah, Sardar Nader Naeem.
Il 22 ottobre però è arrivata la sforbiciata della Commissione elettorale sui candidati. Molti di loro sono stati squalificati e, salvo ricorsi, a oggi restano in campo solo 10 ticket. Tutti i nomi di peso rimangono comunque in lista. Secondo le prime notizie, le esclusioni non sarebbero motivate dall' "impresentabilità" di alcuni concorrenti ma dal mancato raggiungimento delle 100mila firme necessarie alla candidatura.
La campagna elettorale si annuncia tesa e non solo per l'abbondanza e lo spessore dei candidati. L'anno prossimo decine di migliaia di militari della missione Nato Isaf cominceranno a ritirarsi fino al completo ripiegamento. Se non bastasse, i talebani sono tornati a fare resistenza, decisi ad alzare la testa non appena l'Afghanistan sarà "abbandonato" dagli stranieri e a dimostrare che 13 anni di impegno occidentale non hanno dato frutti sul fronte della pacificazione e della governabilità del Paese.
Un dato su tutti: pochi giorni fa l'Unama, la missione Onu di assistenza in Afghanistan, ha rivelato che le vittime civili nei primi otto mesi di quest'anno sono aumentate del 16 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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