L'Infanta Cristina, sorella del neo re Felipe VI, sarà processata per frode fiscale e riciclaggio. Ci sono «troppi indizi», ha scritto ieri il giudice Josè Castro nell'ordinanza di rinvio a giudizio, di una sua «collaborazione silenziosa» nei confronti del marito Iñaki Urdangarin. Cristina, è l'accusa del togato, ha consapevolmente aiutato il marito nella sua attività illecita e ne ha beneficiato a sua volta. Con il decreto di rinvio a giudizio «il cerchio si chiude», ha dichiarato Castro. Un cerchio che si era aperto il 20 luglio del 2010, giorno dell'apertura del fascicolo sull'Istituto Nóos, l'organizzazione senza scopo di lucro fondata dall'ex giocatore della Nazionale di pallamano e marito dell'Infanta Cristina Iñaki Urdangarin. All'appello mancavano un milione e 200mila euro erogati dal governo delle Baleari all'Istituto, per un incontro sul turismo e lo sport di soli quattro giorni. Da lì vennero fuori altri milioni di euro in fondi pubblici stanziati in favore dell'associazione per manifestazioni di solidarietà che in realtà non si sono mai svolte. Nel mirino finirono Urdagarin e il suo allora socio Diego Torres. Fu soprattutto quest'ultimo a coinvolgere direttamente l'Infanta e la Casa reale: fino ad allora Urdangarin, nelle sue dichiarazioni, aveva sempre discolpato la moglie. Adesso, dopo più di mille giorni d'indagini, la fase istruttoria è conclusa. E la secondogenita di Juan Carlos potrebbe finire a processo, un fatto senza precedenti nella storia della monarchia iberica. Sempre che nessuno faccia appello alla decisione: il procuratore Pedro Horrach, da sempre contrario all'imputazione nei confronti dell'Infanta (e proprio per questo protagonista negli ultimi anni di accese diatribe giurisprudenziali contro Castro) ha annunciato che farà ricorso. «L'infanta viene imputata solo per il ruolo che ricopre», è sbottato ieri, insistendo sull'assenza di elementi accusatori. Ma nel rinvio a giudizio di Cristina hanno pesato molto anche i suoi troppi «non so», «non ricordo», «ho dimenticato», ha sottolineato, rispondendo quasi a distanza al collega, il giudice Castro.
In ogni caso è la prima gatta da pelare per Felipe VI, re da appena una settimana. Il nuovo sovrano è preparato: la radice dell'abdicazione di Juan Carlos sta anche in questo scandalo, che ha contribuito, assieme alle numerose «bravate» dell'ex sovrano, al calo di gradimento dei Borbone agli occhi dei sudditi spagnoli. Nemmeno la decisione di escludere Cristina e il consorte da ogni atto ufficiale della Casa reale (da ultima, proprio l'incoronazione di Felipe), è servita a migliorare un'immagine appannatissima. E negli ultimi giorni anche la situazione giudiziaria di Juan Carlos si è complicata: la decisione del governo di Mariano Rajoy di utilizzare la procedura d'urgenza per approvare la legge che conferirebbe all'ex sovrano l'immunità, ha sollevato la protesta dei socialisti. Il Psoe, fino a due giorni favorevole all'«aforamiento» per l'ex sovrano, l'ex regina Sofia e la nuova regina Letizia, ora minaccia di astenersi dal voto se non si procederà rispettando «il necessario dibattito parlamentare». I tempi, quindi, potrebbero allungarsi.
E mentre i principali partiti politici commentano compatti che l'imputazione nei confronti dell'Infanta è una prova d'indipendenza del potere giudiziario nel Paese, la comunità di Palma de Mallorca ha chiesto che Cristina e il marito perdano la qualifica nobiliare di duchi di Palma: «Se non sono degni di prendere parte agli atti ufficiali che riguardano la Casa reale, non sono degni neanche di portare il titolo di duchi della nostra comunità», è la motivazione.Twitter @giulianadevivo
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