Tutti in pensione a 60 anni. È l'ultima trovata del Partito liberal democratico (Fdp) già alleato della cancelliera Angela Merkel nella scorsa legislatura. Rimasto fuori dal Bundestag alle ultime elezioni per non aver superato la soglia di sbarramento del 5 per cento, l'Fdp ha cambiato dirigenza e punta deciso alle europee di fine mese. Il voto per Strasburgo, che non prevede soglie minime, sarà un'importante occasione per contarsi dopo il trauma della cacciata dalle stanze del potere, novità assoluta nella storia della Germania post-bellica. Per recuperare gli elettori il partito si è affidato al giovane Christian Lindner (classe 1979) affiancato da un vice più maturo, Wolfgang Kubicki (classe 1952). È stato quest'ultimo, nel corso di un'intervista con Die Welt, a tirare fuori dal cilindro il nuovo coniglio previdenziale. «I lavoratori devono gestire l'uscita dall'attività assieme ai datori di lavoro, decidendo se andare in pensione fra 60 e 70 anni».
La proposta, al vaglio del congresso del partito questo fine settimana, prevede che ogni assicurato riceva dallo Stato tanto quanto avrà versato. Chi lavorerà più a lungo otterrà una pensione più consistente. L'idea è quella di abolire i requisiti minimi anagrafici previsti dalla legge (67 anni per uomini e donne), liberalizzando appieno il momento della pensione. L'unico vincolo sarebbe quello di non poter terminare la carriera lavorativa senza aver maturato, fra contributi pubblici e assicurazioni integrative, il livello pensionistico minimo stabilito dalla legge. Curiosamente, nel corso della stessa intervista, Kubicki ribadisce le critiche del suo partito alla recente riforma delle pensioni voluta dai socialdemocratici, partner della cancelliera nel governo di grande coalizione. La riforma abbassa l'età pensionabile a 63 anni per i lavoratori con 45 anni di contributi e prevede assegni pensionistici più generosi per tutte le donne madri di Germania. Spesa aggiuntiva prevista per l'Inps tedesca da qui al 2020: almeno 60 miliardi. Mesi prima lo stesso leader dell'Fdp Lindner aveva sentenziato: «Si tratta di uno spostamento dei carichi sulle nuove generazioni che sarà fatale».
Resta da capire che effetti potrebbe avere il progetto dei Liberali sia in Germania sia sul resto dell'Europa. Secondo Barbara Riedmüller, professore di Economia alla Libera Università di Berlino, «un pensionamento liberalizzato rischia di accentuare le differenza fra ricchi e poveri». Riedmüller, che in passato ha pure illustrato al Bundestag un progetto analogo a quello dei Liberali, osserva: «In un'Europa che si sta adeguando con fatica al requisito minimo dei 67 anni per la pensione, una riforma del genere può causare grandi incomprensioni». «A nessuno piace sentirsi dire quando andare in pensione», le fa eco il collega Irwin Collier. «Tantomeno quando lo fa uno straniero. Nei fatti il consolidamento fiscale è dettato a mezza Europa dai tedeschi. Allo stesso tempo, anche loro dovrebbero essere liberi e sovrani nella loro decisione». Buona in teoria, spiega al Giornale, «è una proposta fatta per farsi notare, ma che potrebbe dare vita a nuovi posti di lavoro per 60 e 70enni, superando l'idea sbagliata che in una società questi siano limitati». «Non va però dimenticato che un pensionamento massiccio a 60 anni con trattamenti bassi può far aumentare il lavoro nero».
«Una cosa è certa», conclude il professore, «agli italiani e agli europei conviene che i tedeschi abbiamo stipendi e pensioni più ricche: al crescere della domanda interna, rallenterebbe l'eccessiva corsa tedesca all'export». Corsa che, secondo Ue, Ocse e Fondo monetario internazionale, sta danneggiando l'eurozona.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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