Si ribellano al rimpatrio scotch sulla bocca agli immigrati tunisini

Due algerini imbarcati sul Roma-Tunisi si mordono la lingua e sputano sangue Scatta la procedura di sicurezza, ma la foto di un passeggero scatena le polemiche

Si ribellano al rimpatrio scotch sulla bocca  agli immigrati tunisini

Nastro adesivo sulla boc­ca, fascette di plastica attorno ai polsi. Così hanno viaggiato merco­ledì mattina due immigrati clan­destini imbarcati a Fiumicino sul volo Alitalia Roma-Tunisi delle 9.20. I due, di nazionalità algeri­na, dovevano essere scortati e rim­patriati dalla polizia, ma sono sta­ti trattati come pacchi non graditi da rispedire al mittente. Il caso è stato denunciato dal regista Fran­cesco Sperandeo, che volava sul­lo stesso aereo ed è riuscito a scat­tare una foto emblematica. Un’im­magine, che partendo da Face­book in poche ore è rimbalzata su tutti i social network, mettendo in serio imbarazzo il ministero degli Interni.

«Questa è la civiltà e la democra­zia europea- dice Sperandeo- E la cosa grave è che tutto è accaduto nella totale indifferenza degli altri passeggeri. Io e il mio collega sia­mo stati gli unici a protestare, an­che se non tutti si sono accorti di quanto accadeva». «Noi, invece ­prosegue il testimone- ci siamo av­vicinati ai poliziotti in borghese che accompagnavano i due stra­nieri. Abbiamo detto che era inde­cente e disumano il modo in cui trattavano quelle persone, indi­pendentemente da ciò che poteva­no aver fatto. La risposta è stata che si trattava di una normale ope­razione di polizia. Dopo di che gli agenti ci hanno invitato ad allonta­narci e a sederci al nostro posto».

Eppure il nastro marrone da pacchi attorno alla bocca dei due algerini seduti in ultima fila, non è proprio una prassi ortodossa. An­zi. Sul caso, secondo la Cassazio­ne, si profilano due distinte ipote­si di reato: l’abuso di autorità e la violenza privata. Per far chiarezza il capo della polizia, Antonio Man­ganelli, ha già chiesto una relazio­ne all’Ufficio di polizia di frontiera dell’aeroporto di Fiumicino e suc­cessivamente valuterà se dispor­re altri accertamenti.

Intanto il dipartimento di Pub­blica sicurezza ha fatto sapere che i due stranieri provenivano da Tu­nisi ed erano diretti in Turchia, con scalo tecnico a Fiumicino. Magiunti a Roma la mattina del 15 aprile, si erano rifiutati di prose­guire il viaggio. Come accade in questi casi, è scattata la procedu­ra di respingimento che prevede il ritorno alla località di partenza. Il giorno dopo, quando è stato indi­viduato il primo volo utile per Tu­nisi, i due hanno di nuovo rifiuta­to l’imbarco, opponendosi in tutti i modi, mordendosi l’interno del­la bocca e sputando sangue: a que­s­to punto sarebbe stata loro appli­cata una mascherina sanitaria, successivamente fissata con lo scotch perché entrambi gli stra­nieri cercava­no di sfilarsela facendo dei movimenti con la bocca. La misura, dun­que, sarebbe stata presa per garantire la si­curezza degli altri passegge­ri: una volta ef­fettuato il de­collo e ristabili­ta la calma, il nastro sarebbe stato tolto.

Ieri anche il presidente del­la Camera, Gianfranco Fi­ni, ha chiesto al Governo di rife­rire con la massima urgenza sulla vicenda, facendo seguito a quan­to chiesto dal segretario d’aula del Pd Roberto Giachetti e da altri de­putati nel corso della seduta dei capigruppo.

Una cosa è certa: il personale na­vigante non c’entra nulla con quanto accaduto. La procedura, infatti, prevede che la polizia nei casi di rimpatrio acquisti il bigliet­to direttamente dalla compagnia aerea. Comandante e pilota ven­gono avvertiti solo in sala briefing della presenza di eventuali perso­naggi «scomodi». «Per noi si tratta in ogni caso di passeggeri- sottoli­nea un comandante, 22 anni di ser­vizio, portavoce dell’Ipa, Italian Pilots Association - L’accordo tra ministero dell’Interno e dei Tra­sporti stabilisce che, se per motivi di ordine pubblico è necessario rimpatriare un clandestino o tra­sportare un detenuto, la responsa­bilità del soggetto spetta al capo scorta, che stabilisce le misure di sicurezza d’adottare. Il coman­dante può solo rifiutarsi di imbar­care un passeggero qualora abbia sentore che questi costituisca un pericolo o una minaccia per gli al­tri trasportati».

Il caso è diverso, invece, quan­do accade qualcosa di inaspettato in volo.Se un«normale»passegge­ro improvvisamente diventa vio­lento, o è sotto l’effetto di stupefa­centi o di alcool, gli assistenti di v­o­lo hanno il dovere di comunicarlo al comandante che, effettuato un primo richiamo, decide come in­tervenire. «Abbiamo a bordo un constraint kit , con tanto di fasce elastiche per immobilizzare la persona molesta,con l’aiuto degli assistenti di volo e degli altri pas­seggeri - conclude il comandante membro dell’Ipa - .

In casi estre­mi, qualora il soggetto non fosse gestibile, possiamo chiedere an­che di dirottare l’aereo nello scalo più vicino. A quel punto l’Ente di controllo avverte le forze dell’ordi­ne, che prelevano il soggetto in questione». 

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