Una "forte dichiarazione" di cui è "molto grato". Il Segretario di stato statunitense, John Kerry, ha raggiunto oggi i 28 ministri degli Esteri dell'Unione Europea riuniti a Vilnius e ha lodato così la dichiarazione con cui l'Ue ha espresso la sua condanna per l'utilizzo di armi chimiche in Siria.
Dopo un incontro con il francese Laurent Fabius, che rappresenta il Paese più pronto a scendere in campo assieme agli Stati Uniti, Kerry ha sottolineato la differenza tra "andare in guerra" e quello che gli Stati Uniti hanno in mente, ribadendo una volta di più che a Washington si sta discutendo di "un intervento militare limitato che punti direttamente a limitare le capacità di Assad di utilizzare le armi chimiche, e dissuaderlo dal rifarlo". Il Segretario di Stato non ha fatto che ripetere quanto Obama ha detto ancora ieri, dal G20, sulle proporzioni della risposta occidentale.
Tra i punti che ancora rimangono da chiarire c'è quello che faranno gli Stati Uniti se il Congresso dovesse negare l'appoggio all'intervento, tema su cui la Casa Bianca non si è pronunciata. Ma Obama - ha spiegato Kerry - si riserva tutte le opzioni anche su un altro tema. Non è affatto detto che la decisione sul da farsi contro Damasco attenda il rapporto sull'utilizzo di armi chimiche degli ispettori delle Nazioni Unite.
Dopo che al G20 di San Pietroburgo sono stati in molti a porre l'opzione di una soluzione politica, Kerry ha sottolineato la posizione degli Stati Uniti, secondo i quali "l’intervento militare in Siria potrebbe facilitare" una possibilità in queste senso. Una dichiarazione che si rifa in qualche modo alla bozza preparata dalla Commissione esteri del Senato americano.
Per Kerry il problema della Siria è serio e "se non lo affrontiamo ora, lo assicuro a tutto il popolo francese, europeo e americano, vedremo questo problema crescere ed espandersi". Ma non insolubile: "Abbiamo più Paesi pronti a prendere un’iniziativa militare di quelli che sarebbero utilizzabili per il tipo di azione militare che è ipotizzata". Un punto su cui concorda anche Fabius: "Ormai, sette degli otto Paesi del G8 condividono la nostra analisi su una reazione forte e inoltre dodici Paesi del G20 condividono questa analisi".
538em;">In serata, l'ex capo della Cia David Petraeus ha chiesto al Congresso di appoggiare la richiesta del presidente Obama, in modo da autorizzare un attacco che ritiene necessario per dare un segnale a "Iran, Corea del Nord e altri potenziali aggressori". Entrambi gli Stati sono - ognuno a suo modo - vicini a Damasco.
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