Cosa pensa la pubblica accusa indiana dei marò? Massimiliano Latorre e Salvatore Girone devono venir giudicati come i terroristi palestinesi che dirottarono l'Achille Lauro. E lo stato italiano che li ha mandati in missione anti pirateria? Diventa automaticamente il mandante di un atto di terrorismo.
In pratica è questo, mutatis mutandis, il significato tragicomico della richiesta di processare i marò con la famigerata Sua Act. Una legge speciale che l'India ha adottato nel 2002 per dare esecuzione alla Convenzione internazionale contro «il terrorismo marittimo». Ironia della sorte la Convenzione è stata firmata a Roma il 10 marzo 1988. Un accordo fra stati, compreso l'India, collegato e voluto tre anni dopo il dirottamento in alto mare della nave passeggeri Achille Lauro per mano di un commando palestinese.
Per questo motivo la Presidenza del Consiglio ha ribadito ieri che l'accusa secondo il Sua act «è assolutamente sproporzionata e incomprensibile: assimila l'incidente a un atto di terrorismo. L'Italia non è un Paese terrorista». E la stessa rappresentate Ue per la Politica estera, Catherine Ashton ha dichiarato: «Quello che mi preoccupa di più è che si faccia riferimento al reato di terrorismo, che ha implicazioni molto grandi per l'Italia e per i Paesi impegnati in operazioni antipirateria».
In pratica Latorre e Girone sarebbero, secondo gli indiani, come i 4 palestinesi dell'Achille Lauro. Youssef Al Molqi, che ha ucciso a sangue freddo il passeggero di origini ebraica Leon Klinghofer ed è uscito dal carcere nel 2009. Ibrahim Abdellatif Fatayer condannato a 20 anni ed oggi rifugiato in un paese arabo. Hamed Maruf Al Assadi, il «pentito» del commando che sembra sia rimasto sotto protezione in Italia e Bassam Al Asker. Il mandante era Abu Abbas, leader del Fronte di liberazione della Palestina, che fece ambiguamente da mediatore per risolvere il sequestro. Alla fine venne condannato in contumacia all'ergastolo e morì di infarto a Baghdad nel 2004.
Il governo italiano, se i marò fossero processati secondo la Sua act, sarebbe alla stregua del Fronte terrorista palestinese dell'Achille Lauro. La famigerata norma è conosciuta pure come legge antipirateria, un altro aspetto che farebbe ridere se non fosse da piangere. Due anni fa i fucilieri di Marina trattenuti a Delhi erano imbarcati sull'Enrica Lexie per difendere le navi italiane dai pirati. Nonostante l'accusa indiana abbia specificato, nell'udienza di ieri, che non chiederà la pena di morte, la legge sul terrorismo marittimo rimane un trappolone per i marò. Il comma A, richiamato dall'accusa prevede che «un atto di violenza contro una persona» in mare «sarà punito con la prigione fino a dieci anni». Però, secondo l'avvocato difensore, Mukul Rohatgi, «non è tecnicamente possibile escludere a priori la pena di morte in un processo che applica la Sua act».
Non solo: la norma speciale ribalta sui fucilieri di Marina l'onere della prova ed è draconiana sulla libertà su cauzione di cui godono i marò. «Nessuno accusato di un reato punibile ai sensi della presente legge deve (...) essere rilasciato su cauzione» a meno che la pubblica accusa non si impietosisca.
Il vero motivo che ha spinto agli indiani ad utilizzare la Sua act riguarda l'estensione della giurisdizione di Delhi a 200 miglia dalla costa. L'incidente di nave Lexie è avvenuta al di fuori delle acque territoriali dove l'India ha una sovranità molto limitata o nulla.www.gliocchidellaguerra.it
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