La Svizzera ha dovuto attendere con il fiato sospeso il tardo pomeriggio, dopo una lotta all’ultima scheda, per conoscere l’esito della combattutissima votazione sull’iniziativa federale contro l’immigrazione di massa lanciata dall’Udc,il partito di destra. E alla fine, non senza una certa sorpresa, e di strettissima misura (19.516 schede di differenze a livello nazionale) il popolo ha accolto la proposta di modifica costituzionale con il 50,3% delle preferenze. Sconfessati clamorosamente dunque governo, parlamento, organizzazioni economiche e sindacati, che unite avevano raccomandato il loro «no» a una proposta temuta per i suoi effetti verso l’Ue, principale partner commerciale della Confederazione.
A schierarsi con gli iniziativisti sono stati ben 17 cantoni, fra cui - come si poteva immaginare - il Ticino, che è risultato determinante come nel 1992 in occasione del rifiuto all’adesione allo spazio economico europeo: il cantone a sud delle Alpi ha presentato la percentuale di favorevoli di gran lunga maggiore del paese (68,17%). La risposta del Ticino è un chiaro segnale di insofferenza verso l’invasione di frontalieri, con una crescita che negli ultimi anni si può tranquillamente definire «inarrestabile»: il numero di lavoratori che fanno la spola giornalmente dall’Italia alla Svizzera ha raggiunto ormai quota sessantamila unità, con tutte le implicazioni del caso.
Hanno invece votato contro l’iniziativa, la Svizzera francese compatta, Basilea Città, Zurigo e,per un soffio,Zugo.Una rimonta che ha del clamoroso quella del comitato per il «sì»: dagli ultimi sondaggi si poteva evincere una crescita dei favorevoli all’iniziativa -dati al 43% in occasione dell'ultimo rilevamento a campione- ma in pochi oggettivamente pronosticavano un sorpasso su scala nazionale. E invece, la vittoria dell'Udc si è concretizzata proprio al fotofinish. Complessivamente hanno approvato l’iniziativa contro l’immigrazione di massa 1.463.954 persone, mentre i contrari sono stati 1.444.428. Dalle urne è emerso un paese spaccato, in una forma così chiara non si vedeva da tempo: Romandia e grandi città favorevoli all’apertura, resto del paese-Ticino in primis, dunque- contrario.
Ma che ripercussioni avrà il voto in Svizzera verso -per esempioil mezzo milione di italiani che abitano nella Confederazione o appunto nei confronti dei sessantamila frontalieri (ma non dimentichiamo i tedeschi che giornalmente invadono Zurigo o Basilea, o i francesi che lavorano a Ginevra e Losanna, o ancora gli austriaci nella parte orientale del paese)? Nessuna chiusura delle frontiere, come potrebbe temere qualcuno, che si immagina una Svizzera chiusa a riccio pronta a sventare la «minaccia straniera»;no,l'iniziativa approvata dal popolo di strettissima misura impone entro tre anni di negoziare, in particolare con l'Unione europea (il principale partner commerciale della Confederazione), delle restrizioni possibili in materia di libera circolazione delle persone. La modifica oggi approvata ha come obiettivo la reintroduzione di un sistema di contingenti che diano la priorità dell’impiego ai cittadini svizzeri o domiciliati, spesso «minacciati» dalla mano d’opera straniera. In sostanza, è stata propria questa inquietudine, questa paura sempre più diffusa e palpabile, a spingere il «sì» ad avere a sorpresa la meglio su governo, parlamento, organizzazioni economiche e sindacati, usciti tutti sconfitti insieme al loro «no».
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