Green, mercati finanziari, sviluppo: il dossier di Letta sconfessa la sinistra Ue

"Integrare i mercati o saremo colonia Usa o Cina", avverte a Strasburgo l'ex premier italiano. Il suo report boccia l'euro-immobilismo della sinistra negli ultimi anni

Green, mercati finanziari, sviluppo: il dossier di Letta sconfessa la sinistra Ue
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Specchio riflesso. Chissà se a sinistra se ne sono accorti, ma la relazione sul futuro del Mercato unico europeo presentata a Strasburgo da Enrico Letta rappresenta una bocciatura a quell'oltranzismo progressista che negli ultimi anni ha orientato l'Ue. Nel suo dossier, infatti, l'ex premier italiano ha evidenziato criticità che fino all'altro ieri i socialdemocratici derubricavano con fastidio, accusando chi le sosteneva di non credere a sufficienza nel progetto europeo. In realtà, si trattava di obiezioni di buon senso nei confronti di un'Europa sempre più disorientata rispetto alla propria vocazione e dunque ininfluente a livello strategico.

Nei mercati finanziari, nell'energia e nelle telecomunicazioni l'Ue è solo "un'espressione geografica", ha sottolineato ora Enrico Letta, mettendo il dito nella piaga delle euro-inefficienze. "Tutto si riduce a una domanda: se vogliamo diventare una colonia degli Stati Uniti o della Cina nei prossimi dieci anni. Telecomunicazioni, energia, mercati finanziari devono essere integrati come abbiamo fatto con l'euro", ha in particolare spiegato l'ex premier a Strasburgo. E chissà che a sinistra non siano fischiate le orecchie a qualcuno. Negli ultimi anni, infatti, la governance europea non aveva fatto altro che consolidare lo svantaggioso status quo di un Continente frammentato sui temi più decisivi, destinato ad arenarsi nelle sabbie mobili dei soliti giochi di forza interni.

"Il settore più importante da integrare è quello finanziario, che in realtà oggi è la somma di 27 mercati finanziari separati. Questa frammentazione è un fattore importante nella perdita di competitività dell'Europa, creando il paradosso di avere una moneta unica in Europa senza un mercato finanziario completamente integrato", ha affermato con chiarezza Enrico Letta. Fino all'altro ieri, chi osava rimarcare questa contraddizione veniva accusato dalla sinistra di voler sovvertire le regole europee, mettendo in crisi l'economia. Ora - dati e ricerche alla mano - a lanciare il medesimo allarme sul Vecchio Continente è l'ex segretario Pd, che certo non può essere sospettato di essere un euro-gufo dal pessimismo facile.

"Stiamo rimanendo indietro rispetto agli Stati Uniti, che hanno fatto un balzo in avanti in questo settore negli ultimi 15 anni, e ne stiamo pagando un prezzo elevato. Senza un sistema finanziario unificato, non saremo in grado di creare un nuovo paradigma per lo sviluppo economico, incapaci di innovare e incapaci di garantire la nostra sicurezza, l'aggiunta di mercati finanziari unificati e significativamente più grandi consentirebbe all'Europa di investire nell'innovazione e sostenere la sua economia reale", ha proseguito Letta nel proprio intervento. Mentre le altre superpotenze crescevano, tuttavia, l'Europa si ripiegava su se stessa, impegnata a sfornare direttive e leggi rivelatesi spesso una zavorra per chi fa impresa e lavora.

Qualora non fosse bastato, ora Letta ha anche indirettamente sconfessato l'oltranzismo ambientalista. Meglio tardi che mai. "Il Green deal resta una la priorità per i prossimi anni, non si tratta di se proseguirlo, ma di come sarà raggiunto. Ma non possiamo lasciare che diventi un lusso riservato solo ai benestanti delle nostre società. Le dimensioni sociale ed economica del Green deal sono essenziali. Senza un piano concreto su come finanziarlo, la reazione politica e i ritardi sono inevitabili", ha affermato l'ex premier. Le sue parole vi ricordano qualcosa? Ma certo: a lamentare un approccio ideologico alla transizione green era stato proprio il ceto produttivo e il centrodestra in campagna elettorale aveva posto la questione esponendo la necessità di un cambiamento. Non si trattava di una battaglia politica in senso stretto, ma di buon senso.

In questo caso, dobbiamo dunque riconoscere all'ex premier una onesta intellettuale: il suo rapporto presentato a Strasburgo restituisce infatti un'immagine realistica e chiara delle sfide socio-economiche del Vecchio Continente. Tuttavia, anche l'ex segretario Pd non si può ritenere esente da rimproveri: in passato era infatti apparso più tiepido su certe questioni che ora emergono invece con particolare urgenza dal suo stesso dossier.

E sapete però qual è il colmo? I socialdemocratici e il Pd, che nella scorsa legislatura avevano ampia voce in capitolo a Bruxelles, ora dicono che "occorre cambiare e servono riforme coraggiose" per l'Europa. Con quale credibilità?

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