L'Europa segnata dal volto di Trump

Se l'Europa vuole avere una speranza di rinascere deve prima rendersi conto di essere morta. E per rinascere e contare qualcosa deve rassegnarsi rapidamente a diventare anche un impero

L'Europa segnata dal volto di Trump
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Davvero Trump ci sta insegnando la realpolitik? La sua politica ha svelato il volto imperiale degli Stati Uniti, ricordandoci che un impero rimane un impero: esige tutto e, per continuare a esistere, è spesso costretto a scelte brutali. Trump, con la sua mentalità imprenditoriale, sa che un'azienda che non cresce è destinata a fallire. Allo stesso modo, un impero che smette di coltivare i propri interessi reali finisce per crollare. Ha tolto il velo di Maya delle giubbe blu americane, dissipando l'illusione che sarebbero sempre accorse a salvarci con la cavalleria.

L'Europa, con l'atteggiamento dei nobili squattrinati, si è cullata in questa falsa sicurezza, fino a diventare una provincia remota dell'impero. Oggi quegli stessi nobili si offendono per non essere interpellati sulla guerra in Ucraina, appellandosi a principi astratti, mentre agitano il piattino con cui fino a ieri chiedevano l'elemosina. Siamo senza una difesa comune perché non abbiamo mai realmente superato i due suicidi rituali del Novecento: le guerre mondiali. Abbiamo fantasticato su una pace a ogni costo, senza se e senza ma, senza comprendere che il detto romano «si vis pacem, para bellum» resta valido: non possiamo imporre a tutti di essere pacifisti, e un esercito serve proprio a dissuadere chi non lo è dall'invaderci senza rischi.

La posizione dell'Europa sull'Ucraina è infantile perché fondata su un'idea morale e di principio, mentre sappiamo bene che la politica estera si costruisce nell'interesse delle nazioni, non contro di esse.

In America «qualcosa è cambiato» e non siamo più costretti a credere alle balle di Biden e dei democratici sull'esigenza di prolungare il conflitto, trasformando in tabù ogni negoziato sensato. La nostra impotenza ci ha reso facili da convincere, finché potevamo trincerarci dietro un comodo 'fate vobis'. Ma oggi il rischio concreto è che sia l'Europa a pagare i danni di guerra in Ucraina.

Se vogliamo la pace, dobbiamo pensare esclusivamente all'interesse presente e futuro del popolo europeo, assumendo finalmente di esistere. Siamo 450 milioni di persone con un percorso comune: vogliamo portarlo fino in fondo, costruendo una politica, un esercito e un mercato davvero unificati? Abbiamo una lentezza cronica nell'affrontare le emergenze: quando ci decidiamo a esaminarle, il resto del mondo si è già spostato su altri fronti. Siamo un disastro da ricomporre, peggio dell'unità d'Italia, dove almeno era chiaro che a regnare sarebbero stati i Savoia.

Se l'Europa vuole avere una speranza di rinascere deve prima rendersi conto di essere morta.

E per rinascere e contare qualcosa deve rassegnarsi rapidamente a diventare anche un impero. Non un impero burocratico e fragile come il cristallo, ma un'entità capace di proteggere i suoi cittadini e i suoi interessi. Come tutti gli imperi del mondo.

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