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Defibrillatore sottocutaneo, cos'è e come funziona il dispositivo impiantato a Bove

L'intervento si è concluso con successo ma, nel caso in cui volesse tornare in campo, il calciatore della Fiorentina non potrà farlo in Italia

Defibrillatore sottocutaneo, cos'è e come funziona il dispositivo impiantato a Bove
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Sono state necessarie circa due ore in sala operatoria, ma l'intervento chirurgico realizzato all'ospedale Careggi di Firenze si è concluso con successo: Edoardo Bove, proprio come accaduto a Christian Eriksen, potrà beneficiare del supporto di un defibrillatore sottocutaneo. Ma esattamente di cosa si tratta? E come funziona il dispositivo?

Il perché dell'intervento

Iniziamo con il dire innanzitutto che l'apparecchio potrà essere rimosso in ogni momento, ovviamente nel caso in cui venga appurato di concerto con gli specialisti che una scelta del genere non comporti rischi per la salute del calciatore viola. E questa decisione va presa analizzando una serie di parametri e il decorso della patologia, perché il defibrillatore sottocutaneo ha come compito di fondamentale importanza quello di individuare all'istante un'aritmia ventricolare e di inviare un impulso per restituire al battito cardiaco il suo ritmo corretto.

"Il posizionamento di un defibrillatore impiantabile sta ad indicare che esiste il rischio che una seria crisi aritmica possa ripetersi", precisa a Repubblica il direttore dell'Unità Operativa Complessa di Cardiologia Irccs Sacro Cuore di Negrar (Verona) Giulio Molon. "L'aritmia più grave, che richiede il posizionamento di un defibrillatore, è legata ai battiti incontrollati del ventricolo", spiega ancora l'esperto,"che si osservano appunto in caso di fibrillazione ventricolare o, come si è parlato in questo caso, di una particolare forma di aritmia, legata alla 'torsione di punta'".

Come funziona il dispositivo

Analizzando il funzionamento del defibrillatore sottocutaneo è possibile comprendere le evidenti differenze con il pacemaker, strumento in grado esclusivamente di regolare i battiti. Il dispositivo impiantato anche a Bove, infatti, ha una serie di sistemi di rilevazione che gli consentono di individuare immediatamente l'insorgere di un'aritmia grave, come la fibrillazione ventricolare, e di intervenire con uno choc elettrico per riequilibrare la regolarità del battito cardiaco.

Non si tratta, comunque, dell'unica soluzione possibile. "Tecnicamente si può puntare su un classico impianto intracardiaco, con l'elettrocatetere che si va a posizionare all'interno del cuore passando dalla spalla, dove sottocute rimane la cassa, attraverso il sistema venoso", puntualizza il dottor Molon. Qualora si decida invece di optare per l'impianto di un defibrillatore sottocutaneo, invece, l'elettrocatetere rimane sottocute, senza entrare nel cuore. Con questa soluzione si hanno due vantaggi: non solo il sistema attivo di rilevazione consente di essere protetti da tachicardie o eventuali episodi di defibrillazione, ma nel caso in cui si possa e si voglia rimuovere il dispositivo è possibile farlo in modo rapido e senza far correre rischi al paziente.

La necessità di impiantare un defibrillatore sottocutaneo nasce dall'esigenza di tutelare la salute di una persona con alte probabilità, vista la sua storia clinica, di essere colpita da una fibrillazione ventricolare, un tipo di aritmia cardiaca che si manifesta attraverso un ritmo cardiaco accelerato e irregolare. In casi del genere si verifica una sequenza caotica di contrazioni molto rapide dei ventricoli, le cavità inferiori del cuore, anche centinaia di volte in un solo minuto: queste contrazioni scoordinate, provocate da impulsi elettrici caotici, si verificano autonomamente rispetto al soprastante atrio, che continua invece a mantenere il suo ritmo.

La conseguenza più grave di questo genere di condizione è un problema emodinamico: il ritmo cardiaco impazzito non consente infatti al cuore di pompare correttamente il sangue nel circolo arterioso, e si viene a verificare uno stato ischemico in grado di compromettere lo stesso cuore, il cervello e tutti gli altri organi del nostro corpo. A questo punto l'unico modo di salvare la vita al paziente, colto da arresto cardiocircolatorio che può condurre al decesso, è quello di intervenire solitamente entro una decina di minuti con manovre di rianimazione e con la defibrillazione. La scarica elettrica risolutiva, che può variare di intensità, riesce a riassestare il ritmo cardiaco, ripristinando il normale battito.

Il dispositivo elettronico, quindi garantisce al paziente al quale viene impiantato di vivere con maggiore sicurezza, ma nel nostro Paese non è contemplata la possibilità di effettuare ancora attività agonistica a livello professionale, esattamente come

accaduto già a Eriksen:"Questa condizione controindica l’attività professionistica in Italia", spiega in conclusione l'esperto, "visto che non è possibile dare idoneità ai portatori del defibrillatore".

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