HIV, i giovani sono i più a rischio. Necessaria la massima attenzione

L’infettivologo: “I ragazzi non conoscono questa malattia, occorrono educazione e informazione”. I casi in Lombardia

HIV, i giovani sono i più a rischio. Necessaria la massima attenzione

Non se ne parla più molto, ma l’HIV continua a circolare. L’invito a non abbassare la guardia è rivolto a tutti, ma soprattutto ai giovani che, probabilmente, non avendo vissuto negli anni Ottanta, epoca terribile per questa pandemia, non ne hanno una vera consapevolezza e non conoscono le conseguenze dell’infezione.

L'HIV oggi: importante mantenere alta l'attenzione

Come spiega Andrea Gori, Professore di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Patofisiologia e Trapianti, Direttore del Centro per la Ricerca Multidisciplinare (MACH) dell’Università di Milano, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e dell’Unità di Malattie Infettive all’Ospedale “Luigi Sacco", sempre di Milano, “Oggi è molto importante mantenere alta l’attenzione sul tema e parlarne. Solo in Lombardia – sottolinea - noi trattiamo circa 25.000 persone che vivono con HIV. Non è, dunque, una malattia rara ed è ancora diffusa. Oggi, a fronte di una diminuzione delle infezioni, c’è però una maggior frequenza di esposizione al rischio e di infezione nella popolazione tra i 18 e i 25 anni. Esiste, quindi, un bisogno estremo di fare informazione ed educazione perché, ancora oggi, quando vengono in ospedale, non sanno nemmeno cosa sia l’Aids. E si espongono in maniera pericolosa al rischio di infezione: la sessualità dei giovani è molto più promiscua rispetto a quella del passato. Per contrastare la circolazione del virus, le risposte risiedono nell’informazione e nell’educazione”.

L’obiettivo, quindi, non è solo quello di ridurre le infezioni, ma anche di diminuire il numero di quelle tardive, attraverso una diagnosi tempestiva e precoce. “Solo così, attraverso il trattamento, sarà possibile azzerare la contagiosità della persona e preservarla da una progressione della malattia verso forme sempre più gravi. Teniamo conto che le morti per Aids sono molto diminuite, ma se ne registrano ancora 150 l’anno”.

Professore Andrea Gori

Terapie e controlli

L’esistenza di terapie che possano arginare il problema e garantire, nel contempo, una buona qualità di vita – prosegue il Prof. Gori –, non deve rappresentare l’alibi per banalizzare e sottovalutare il rischio e la malattia. Un ragazzo di 18 anni che contrae l’HIV, deve sottoporsi a controlli continui e assumere le terapie a vita, cercando di essere più aderente possibile. E, nonostante ciò, non si può escludere il rischio che si sviluppino delle mutazioni che rendono le terapie inefficaci. A tutto ciò, spesso, si aggiunge lo stigma di essere una persona sieropositiva che ha ripercussioni sulla vita affettiva, sociale e lavorativa.

Oggi l’efficacia e la sicurezza delle terapie disponibili possono contribuire significativamente ad un miglioramento generale della qualità di vita: chi convive con l’HIV può non essere più una persona contagiosa, può avere una vita affettiva e sessuale normale e anche il desiderio di genitorialità come tutti.

Il problema più grave è quello relativo alle persone che scoprono tardivamente la loro sieropositività. “Eppure, la diagnosi è molto semplice. Ci sono anche dei test che misurano la viremia, ma purtroppo i giovani di oggi, non conoscendo la malattia, non se ne preoccupano”.

Solo 10 anni fa – conclude Andrea Gori -la terapia prevedeva l’assunzione di 20 compresse al giorno.

Oggi, siamo riusciti a formulare un medicinale che, assunto quotidianamente, permette di azzerare la replicazione del virus e di tenere sotto controllo i sintomi. In futuro, ci saranno anche altre opzioni in fase di studio. Puntiamo, in ultimo, ad arrivare ad innovative strategie di cura che rappresentano il tassello che manca per vincere contro l’HIV”.

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