Roma - La Festa del cinema diventa, virilmente, Festival del film, ma nel frattempo si scopre quantomai femmina: cioè popolata, per dirla con la coordinatrice Piera Detassis, «di donne dominanti e dominatrici che sovrastano l’uomo contemporaneo». Di «femminilità arrembante e vincente», parla anche Giorgio Gosetti, un altro dei curatori, mentre Teresa Cavina, partendo dalla Giuditta di Caravaggio, evoca «potenti immagini di donne che inseguono un provvisorio senso del bene». In effetti, a scorrere il menù della terza kermesse capitolina, quella che un tempo fu detta «l’altra metà del cielo» sembra farla da padrona: tra ragazze assassine, indomite proprietarie terriere, combattive sciamane, irrequiete castellane, vedove ambigue, terroriste tedesche, amanti disinibite, mogli trasgressive...
Folla delle grandi occasioni, ieri all’Auditorium, per la conferenza stampa ufficiale di presentazione del Festival che si svolgerà dal 22 al 31 ottobre. Al centro del palco, il presidente Gian Luigi Rondi, sciarpa bianca d’ordinanza, attorniato da quattro dei suoi direttori. Per certi versi si riparte daccapo, dopo la sbornia veltroniana e le polemiche dei mesi scorsi, ma per fortuna nessuno evoca lo spettro della «normalizzazione». Lo stesso sindaco Alemanno, prendendo la parola, riconosce a Rondi «di aver adempiuto al mandato», che era «di continuità e di trasformazione, a partire dal nome». Aggiunge: «Ci attendiamo non solo l’evento mediatico, ma un radicamento vero nella città e nel tessuto del cinema italiano». Poco prima Piero Marrazzo, presidente della Regione, s’era detto «convinto che con Rondi stiamo presidiando la massima libertà d’espressione e qualcosa che viene da lontano». Però ha continuato a chiamarla Festa. Al pari del sintetico Nicola Zingaretti, presidente della Provincia: «Questa è la Festa del cinema. Ci abbiamo creduto, adesso fateci sognare». Ci vorrà del tempo, evidentemente, per digerire il cambio di nome.
Intanto il budget scende da 17 a 15 milioni di euro, in vista di ulteriori risparmi. Il red carpet resta rosso, non muta per ora l’impianto generale, benché Rondi abbia introdotto qualche sostanziosa modifica. Nella sezione competitiva, formata da 20 titoli, confluiscono ad esempio i film di due sezioni fino a ieri separate, «Première» (di taglio più spettacolare) e Concorso (più di scoperta), ora ribattezzate «Anteprima» e «Cinema 2008». Così la giuria popolare potrà scegliere dentro una gamma più ampia di proposte, e chissà se alla fine sarà un bene. Nel mazzo - una decina le anteprima mondiali - c’è di tutto. Solo per restare all'Italia, molto presente, da L’uomo che ama di Maria Sole Tognazzi, con Pierfrancesco Favino e Monica Bellucci, scelto per aprire le danze, a Il passato è una terra straniera di Daniele Vicari con Elio Germano, da Parlami di me, esordio di Brando De Sica, figlio di Christian, a Un gioco da ragazze di Matteo Rovere, da Galantuomini di Edoardo Winspeare a Resolution 819 di Giacomo Battiato.
Tra i fuori concorso - ma già si sapeva - spiccano il film collettivo «8», nato sotto l’ombrello dell’Onu, al quale hanno lavorato registi come Jane Campion, Gus Van Sant, Wim Wenders, Mira Nair; La banda Baader Meinhof di Uli Edel, appena uscito tra vivaci polemiche in Germania; The duchess di Saul Dibb con Keira Knightley; RockNrolla di Guy Ritchie, ex marito di Madonna. L'omaggio a Viggo Mortensen, l’eclettico attore, pittore, poeta e musicista che compierà 50 anni proprio in quei giorni, contempla la doppietta Good di Vicente Amorim e Appaloosa di Ed Harris: il primo è un teso dramma sui temi dell'eutanasia durante l'ascesa di Hitler, il secondo un western classico ricolmo di cavalcate e sparatorie.
Alla voce curiosità, la prima uscita live della Snap Band di Silvio Orlando, dove l’acronimo sta per «Senza nulla a pretendere» (sono una quindicina di attori-musicisti), mentre Carmen Consoli si esibirà a sostegno di L'uomo che ama. Di Al Pacino, premiato alla carriera insieme a Gina Lollobrigida, sapete già; del Sangue dei vinti recuperato in extremis pure. La cronaca registra l’ennesima precisazione sull’assenza di W., il biopic di Stone su Bush.
Rondi definisce «una favola estiva diventata autunnale» lo scoop di la Repubblica in merito a supposte pressioni berlusconiane. «Ho qui i documenti. Il primo agosto l’ho invitato ufficialmente, senza neppure averlo visto, tanto ci tenevamo. Hanno preferito mandarlo al Festival di Londra. La verità è tutta qui». Gli crediamo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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