La Fiat trasloca in Serbia Le proteste dei sindacati Sacconi: "Riaprire tavolo"

Fiat produrrà la monovolume in Serbia. Marchionne: "Colpa dei sindacati". Fiom: "Pretesto per chiudere Mirafiori". La Lega non ci sta. Bersani: "Intervenga il governo"

La Fiat trasloca in Serbia 
Le proteste dei sindacati 
Sacconi: "Riaprire tavolo"

Torino - La Fiat produrrà la nuova monovolume "Lo" in Serbia. Il nuovo insediamento partirà subito e prevede un investimento complessivo da un miliardo di euro per una prodrre 190mila unità l’anno che andranno a sostituire Mirafiori. I sindacati subito sul piede di guerra. "Le affermazioni di Marchionne sono gravissime e confermano tutti i giudizi che abbiamo espresso in questa fase - tuona Giorgio Cremaschi della Fiom - la Fiat in realtà si prepara a chiudere Mirafiori e a dismettere l’Italia".

Il piano Fiat per la Serbia Il nuovo insediamento in Serbia partirà subito e prevede un investimento complessivo da un miliardo di euro, di cui 350 milioni circa dal Lingotto (400 milioni dalla Bei, 250 da Belgrado), per una produzione di 190 mila unità l’anno che sostituirà la Multipla, la Musa e l’Idea che attualmente vengono fatte a Mirafiori. L’amministratore delegato Sergio Marchionne spiega che la futura monovolume poteva essere prodotta proprio a Mirafiori: "Se non ci fosse stato il problema Pomigliano, la Lo l’avremmo prodotta in Italia". "Ci fosse stata la serietà da parte del sindacato - puntualizza Marchionne - il riconoscimento dell’importanza del progetto, del lavoro che stiamo facendo e degli obiettivi da raggiungere con la certezza che abbiamo in Serbia, la Lo l’avremmo prodotta a Mirafiori". L’ad ribadisce che la Fiat "non può assumere rischi non necessari in merito ai suoi progetti sugli impianti italiani: dobbiamo essere in grado di produrre macchine senza incorrere in interruzioni dell’attività".

Cremaschi all'attacco Secondo Cremaschi, la Fiat si prepara a chiudere Mirafiori e a dismettere l’Italia "non per la conflittualità sindacale che dall’inizio è sempre stato un pretesto, ma per una scelta finanziaria della nuova società che, in gran parte, è una multinazionale americana". "La strategia di Marchionne è quella di un gruppo low-cost che insegue i bassi salari e gli aiuti pubblici ovunque siano, per questo estranea non solo all’Italia ma a tutti i paesi più avanzati dell’Europa - continua Cremaschi - oltre alla Fiom gli unici ad aver capito questa realtà sono gli analisti finanziari che infatti stanno misurando tutto il piombo che c’è sotto la luce dell’oro mediatico che la Fiat diffonde". Per il rappresentante della Fiom "siamo di fronte alla totale smentita del progetto Fabbriche Italia, costruito sulle nuvole, ed è ora che la politica e le istituzioni la finiscano di farsi imbrogliare dal signor Marchionne. La chiusura di Mirafiori - conclude - è un’aggressione senza precedenti a tutto il sistema industriale italiano".

Bersani: annuncio sorprendente "È sorprendente questo annuncio. Non ho capito quale tipo di ragioni si portano per dire che in Serbia ci sono condizioni che non si troverebbero a Torino. Su questo servono chiarimenti". Così Pier Luigi Bersani. "Rispetto alla realtà torinese - ha proseguito il segretario del Pd - ho colto una colpevolizzazione che non ha riscontro con la realtà: è una città con la più antica cultura industriale, ha visto di tutto, ristrutturazioni, flessibilità. Non si può fare spallucce". Bersani ha poi scandito l’acronimo della Fiat: "Fabbrica italiana auto Torino", e ha concluso: "Partiamo da li". Poi la richiesta al governo: "La Fiat ha una crucialità - ha detto Bersani e come sistema Paese non possiamo consentire che temi di tale rilevanza siano affrontati con dichiarazioni e scambi di battute. Non aver aperto un tavolo coerente su tutti i dossier che attengono alla Fiat - ha proseguito - e un tavolo sull’indotto ha comportato una dispersione di risorse industriali del Paese. Non pretendo che sia il ministro ad Interim a farlo - ha concluso Bersani - ma chi, nel governo può, convochi il tavolo".

Sacconi: "Riaprire un tavolo tra le parti" "Credo che si debba quanto prima riaprire un tavolo tra le parti per discutere l’insieme del progetto fabbrica Italia, cioè quel progetto che vuole realizzare investimenti nel nostro Paese se accompagnati da una piena autorizzazione degli impianti secondo il modello già concordato a Pomigliano". Lo ha detto a Pescara il ministro del Welfare e del Lavoro, Maurizio Sacconi. "Io credo - ha aggiunto il ministro - che ci sia modo di saturare i nostri impianti alla luce dei buoni risultati che il gruppo sta conseguendo negli ambiziosi progetti che si è dato. Certo - ha concluso - occorrono relazioni industriali cooperative perché invece le attività che in qualche modo fermano la produzione, minoranze che bloccano la produzione, non incoraggiano questi investimenti".

La Lega non ci sta "La Fiat in Serbia? L’ipotesi ventilata da Marchionne non sta né in cielo né in terra. Se si tratta di una battuta, magari fatta per portare a più miti consigli i sindacati, sappia che comunque non fa ridere nessuno, diversamente sappia che troveranno da parte nostra una straordinaria opposizione".

Lo dice il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli. "Non si può pensare di sedersi a tavola, mangiare con gli incentivi per l’auto e gli aiuti dello Stato e poi - aggiunge - alzarsi e andarsene senza nemmeno aver pagato il conto".

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