Due miliardi di euro. È questo il valore che il riuso genera ogni anno in Italia. Un comparto vastissimo, che comprende la raccolta differenziata dei rifiuti, urbani o meno, ma anche quella dell'abbigliamento usato. Non è quindi un caso che la criminalità organizzata abbia da tempo concentrato l'attenzione su questo settore. Per quanto riguarda gli abiti la raccolta, nella maggior parte dei casi, è gestita da cooperative sociali a sfondo benefico, attraverso i cassonetti stradali.
Troppo spesso però, come ha rilevato la Direzione nazionale antimafia già nella sua relazione annuale per il 2014, «buona parte delle donazioni di indumenti usati che i cittadini fanno per solidarietà finiscono per alimentare un traffico illecito dal quale camorristi e sodali di camorristi traggono enormi profitti».
Il problema sta nella filiera che segue la raccolta. Numerose indagini della magistratura hanno stabilito che alcune tra le diverse fasi finiscono per essere talvolta gestite da soggetti affiliati ai clan o in stretto rapporto con organizzazioni come la Camorra. Il risultato è che non solo gli abiti vengono smaltiti illegalmente, ma spesso si trasformano nella materia prima che alimenta lucrosi traffici a livello internazionale.
Non è raro che per esempio vengano venduti all'estero a cifre molto alte. Una direzione di traffico va verso la Tunisia, o in genere gli altri Paesi del Nord Africa. Spesso si tratta di semplici tappe visto gli abiti usati finiscono sui mercati di tutto il continente. Quanto all'Italia i traffici vengono gestiti da vere e proprie centrali situate soprattutto in Toscana e Campania. Secondo la Direzione nazionale antimafia, nella provincia di Prato alcune aziende specializzate nella produzione di stracci sarebbero gestite da un clan legato alla Camorra che, dopo aver acquistato a prezzi bassi gli indumenti usati in Italia o in Nord Europa, li smercerebbe in Tunisia.
Un'altra recente inchiesta della commissione Ecomafie, partita a seguito di una relazione della Direzione nazionale antimafia, ha scoperto una onlus fittizia che aveva collocato cassonetti gialli per i vestiti usati in un centinaio di Comuni delle province di Milano, Varese, Udine e Savona. Prometteva di inviarli in Africa per gli indigenti, in realtà li rivendeva in Tunisia o nelle province di Napoli e Caserta.
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