Nel paradiso del petrolio si punta sul nucleare. Sembra un paradosso ma la monarchia al potere in Arabia Saudita ha deciso di programmare il suo sviluppo puntando su una maggiore diversificazione dell'approvvigionamento energetico. E quindi avanti con massicci investimenti nelle rinnovabili e nel nucleare per ridurre il consumo di petrolio o per mantenere invariata la quota destinata all'esportazione. La domanda energetica nel Paese sta, infatti, crescendo a un tasso dell'8 per cento annuo e si prevede che triplicherà nel 2032 a 121 mila MW. L'obiettivo è arrivare a una copertura del 20% del fabbisogno energetico attraverso il nucleare.
La notizia era nell'aria da tempo ma proprio in questi giorni ha trovato maggiori conferme e nell'avveniristica Città del Nucleare e delle Energie Rinnovabili che sta sorgendo nel Paese come centro di eccellenza nelle ricerche sulle energie alternative ci si sta predisponendo alla novità. A questo punto il ricchissimo bando per le centrali nucleari degli Emirati Arabi Uniti, aggiudicato alla fine del 2009 a un consorzio coreano, potrebbe essere superato e sovrastato dall'investimento saudita nell'atomo. L'Arabia Saudita medita, infatti, di investire 80 miliardi di euro per costruire 16 reattori nucleari entro il 2030. L'annuncio è stato dato qualche giorno fa da Abdul Ghani bin Melaibari, coordinatore scientifico del King Abdullah City for Atomic and Renewable Energy. Parlando al Forum sull'ambiente del Golfo, a Gedda, Melaibari ha aggiunto che il bando per la costruzione delle centrali sarà aperto alle imprese di ogni Paese, e la società aggiudicatrice dovrà soddisfare le richieste saudite in termini di tecnologie moderne. In precedenza, l'Arabia Saudita aveva firmato un accordo con la Francia per lo sviluppo di un programma nucleare: il bando per le centrali saudite potrebbe essere l'occasione per la rivincita francese, dopo la sconfitta negli Emirati. La tabella di marcia prevede di costruire «i primi 2 reattori nei prossimi 10 anni, e da allora altri 2 ogni anno, fino ad arrivare a 16 nel 2030. Il costo stimato è di quasi 5 miliardi di euro per ogni reattore, per un totale di circa 80 miliardi.
Peraltro, nel giorno in cui in Italia l'ondata emotiva di Fukushima chiude le porte al nucleare, arrivano altri due segnali «in controtendenza» rispetto alle scelte italiane. Il Giappone, ad esempio, annuncia che continuerà a ricorrere all'energia nucleare, malgrado il disastro di Fukushima. Interrogato dai giornalisti all'indomani dei risultati del referendum italiano, il ministro nipponico dell'Economia, il Commercio e l'Industria Banri Kaieda ha dichiarato che l'energia nucleare rimarrà senza dubbio una delle principali fonti di approvigionamento energetico del Paese. «È importante equilibrare i passi verso la denuclearizzazione e gli attuali problemi di rifornimento energetico». Una conferma che non ci sarà alcun ripensamento è arrivata anche dalla Francia. L'energia nucleare è «la sola energia» che permetterà la riduzione delle emissioni in cui l'Europa si è impegnata» afferma il presidente Nicolas Sarkozy.
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